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Caso Cucchi, interviene il Coisp: "Responsabilità? Si guardi in famiglia"

Il segretario del sindacato di Polizia Maccari: "Basta con il rifiuto delle sentenze e con questa illogica ed insostenibile ricerca del colpevole ad ogni costo"

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Anche il segretario del Coisp Franco Maccari interviente nella polemica dopo la sentenza di assoluzione al processo per la morte di Stefano Cucchi. E il suo è un duro atto di accusa. Per Maccari, infatti, è ora di finirla "con questa illogica ed insostenibile ricerca del colpevole ad ogni costo, perché a dire la vera verità le morti realmente violente che oltre tutto non hanno trovato giustizia né responsabili a cui far pagare il conto sono ben altre". "Basta - prosegue - con questa non più sopportabile cantilena dell'inspiegabilità di un evento sia pur triste e luttuoso, se si vogliono sondare le ragioni di certe sciagure si guardi prima di tutto altrove, magari in famiglia". Parole che lasciano poco spazio alle interpretazioni. Anche perché il numero uno del sindacato di Polizia è un fiume in piena: "Basta con il rifiuto delle sentenze, ma solo quando non fanno comodo. Basta con questa smania giustizialista che punta agli Appartenenti alle forze dell'ordine e che spinge sempre e solo a cercare la pagliuzza negli occhi degli altri". Maccari fa quindi riferimento alle proteste della famiglia e prosegue: "Siamo rimasti ben più di qualche ora a riflettere dopo tutti questi sfoghi, per la verità eccessivi ed infondati, per il solito e consueto limite che viene spontaneo porsi di fronte al lutto ed al dolore altrui, e perché sappiamo bene che dire la verità significa prestare il fianco alle solite accuse di cinismo e crudeltà che spesso ci sono già piovute addosso solo perché siamo fra i pochi che hanno il coraggio di non mentire. Ma l'ipocrisia non ha mai aiutato nessuno, anzi". "È ora - conclude - che le persone che normalmente cercano attorno a sé i capri espiatori per spiegare tutto quello che non funziona nella loro vita, comincino ad assumersi le proprie responsabilità. Le forze dell'ordine hanno un lavoro da svolgere e continueranno a farlo, senza che questo continuo tiro al bersaglio possa intimidirle o scalfirne il senso del dovere. Dopo di che, se e quando il Paese riterrà che il nostro servizio non serva più, allora torneremo a vite più umane e serene. Ma fino ad allora il nostro servizio continueremo a svolgerlo lealmente come sempre". Quanto alle accuse della famiglia: "Non possiamo che considerarli deliri dovuti al grande dolore della perdita di una persona amata, chiedendoci però se altrettanta foga e perseveranza sia stata profusa quando quella persona era in vita per affrontare altre questioni. In tutti i casi".

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