«Sbagliato chiuderci nel ghetto»
Davide Di Santo [email protected] Il rugby è gioco maschio, ma non per questo omofobo. Stefano Iezzi è presidente e giocatore del Libera Rugby Club, prima e unica - per il momento...
Il rugby è gioco maschio, ma non per questo omofobo. Stefano Iezzi è presidente e giocatore del Libera Rugby Club, prima e unica - per il momento - «associazione sportiva dilettantistica italiana che promuove la diffusione del gioco del rugby nella comunità Lgbt», come precisa con perfetto lessico politically correct il sito del dipartimento lesbo, gay, bisex e trans dell'Aics. Agli Italian Gaymes i romani affronteranno in un'amichevole il Terracina Rugby Club che milita in serie C. Cosa significano questi Giochi? «Sono un mezzo per l'emancipazione degli omosessuali. In campo l'orientamento sessuale non ha importanza». Non rischiate di mettervi da soli in un ghetto? «La nostra squadra non è gay ma gay friendly. Non facciamo omo contro etero, non avrebbe senso. Cerchiamo di favorire l'integrazione contro bullismo e machismo. All'estero ci sono squadre formate soltanto da gay ma è una cosa che non accetto». Tra tango e burraco l'atmosfera degli Italian Gaymes non sembra quella di un villaggio vacanze Lgtb? «No, ci saranno anche tennis, rugby e calcio. Siamo sportivi veri, non andiamo a pettinare le bambole. Un po' di colore serve a socializzare, ma lo sport sarà quello che deve essere. La partita di rugby sarà una partita vera, dura e di buon livello». C'è anche il sostegno del Comune. Vi sentite «coccolati» dal sindaco Marino? «Il patrocinio dovrebbe essere scontato. All'estero le manifestazioni simili sono tutte promosse dalle istituzioni. Sarebbe stato assurdo il contrario». Libera esiste da un anno esatto. Avete avuto problemi di omofobia? «No, il rugby è un ambiente duro ma molto aperto e tollerante. Tante squadre ci hanno dato il loro sostegno. Anche fuori dal giro del rugby non abbiamo particolari problemi». Non sarà perché siete tutti "armadi"? «Ma sì, sarà anche per quello...»
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