l'inchiesta

Don Carlos, le ragazze e l'iban del piacere: sgomitata un'associazione di colombiani

Pina Sereni

Sgominata un’organizzazione colombiana dedita allo sfruttamento della prostituzione e allo spaccio di droga. I carabinieri hanno fermato 11 colombiani, accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata al reclutamento transnazionale, induzione e sfruttamento della prostituzione nonché spaccio di sostanze stupefacenti. L’indagine è andata avanti da aprile ad agosto scorsi. Gli indagati, secondo i pm, avevano messo a punto un collaudato sistema di reclutamento di giovanissime connazionali che, dalla Colombia, venivano fatte giungere in Italia con la prospettiva di facili guadagni, per poi essere subito avviate alla prostituzione, con l'onere di ripagare le spese sostenute dall'organizzazione per il loro viaggio, il vitto e l'alloggio in «case-dormitorio» disseminate nel quadrante est della Capitale, rifornendole di stupefacenti da smerciare ai clienti che ne facessero richiesta e traendo diretto vantaggio economico dalla loro attività di meretricio e dalla cessione delle sostanze stupefacenti.

 

  

 

I pagamenti delle prestazioni sessuali e della droga avvenivano nella maggior parte dei casi attraverso bonifici bancari e non in contanti. Al vertice della struttura c’era un uomo chiamato "Don Carlos", che con la moglie e la cognata, considerate le «matrone» del gruppo, avrebbe amministrato una solida rete di drivers, autisti, accompagnatori e protettori, a loro volta coordinati da una vera e propria centrale operativa h24 preposta a curare ogni fase dell'attività di prostituzione «porta-a-porta», dalla fissazione degli appuntamenti all'accompagnamento delle ragazze presso hotel, ville e abitazioni private, anche fuori regione. Le donne venivano anche rifornite di cocaina o «tusi», nota come cocaina rosa, da vendere ai clienti che, durante l'incontro sessuale, ne avessero fatto richiesta.

 

 

Ogni prestazione sessuale sarebbe stata obbligatoriamente rendicontata al dominus, sul cui Iban arrivavano i bonifici dei clienti, come indicato dalle donne ammaestrate in tal senso, le quali non potevano lasciare l'abitazione del cliente fino alla conferma, da parte della centrale operativa, dell'avvenuta transazione. Secondo le severe direttive impartite dal vertice, in caso di controllo in strada delle forze dell'ordine, le giovanissime donne avrebbero dovuto ingoiare immediatamente la cocaina, cripticamente chiamata «fiesta». Sequestrati anche i libri contabili del sodalizio, documentando, nei vari domicili perquisiti, la presenza di una decina di giovanissime colombiane. Il timore di Don Carlos è lampante: «Io ho un processo per droga, se arrivano a vedere questo (la polizia) ce ne andiamo tutti alla grande (...) mi capisci? Per questo non bisogna dare l’indirizzo, si risponde (a un controllo delle forze dell’ordine) con “non so”, “sono una turista”, “non conosco», diceva il dominus in una intercettazione.