Al Grassi sei ore di attesa per essere visitati
Sono le 13,02 di un tranquillo martedì, a Ostia. La sala dell'accettazione del pronto soccorso del Grassi, il nososcomio della zona, è affollata e caotica come un mercato del pesce sotto le...
Sono le 13,02 di un tranquillo martedì, a Ostia. La sala dell'accettazione del pronto soccorso del Grassi, il nososcomio della zona, è affollata e caotica come un mercato del pesce sotto le festività natalizie. «Signorina, è la prassi – mi dice una donna sui 60 anni in attesa di essere visitata -. Qui ogni giorno è così, se ti fai male devi metterti l'anima in pace e aspettare. Vede? Io mi sono portata le parole crociate, almeno mi tengo occupat a e non penso al dolore alla gamba». Un'ora, due anche solo per compilare il modulo dell'accettazione per essere poi chiamati. Fino a sei ore il tempo che a volte ci può volere per essere finalmente visitati. «Eh no, perché una volta che dal triage ti fanno entrare al pronto soccorso mica è finita – mi mette prontamente in guardia un'anziana -. Quando l'infermiera esce e grida il tuo nome, devi aspettare nuovamente il turno di visita dall'ortopedico, dall'oculista, dal ginecologo, dal pediatra o da chiunque altro devi farti vedere». Patrizia, 73 anni ed un'esperienza nel nosocomio lidense di oltre 30, la sa lunga sulle lentezze del Grassi. «Sono cinque ore che aspettiamo – spiega Sonia, la figlia -. Io e mio fratello l'abbiamo portata qui questa mattina alle 8,30 per un problema all'anca. È' anziana, non dovrebbe aspettare così tanto. Oltretutto, senza che ci fossimo mai lamentati prima, abbiamo chiesto tranquillamente all'infermiera uscita per chiamare un paziente, quanto ancora dovevamo attendere e ci ha risposto quello che anche lei ha sentito». Già, «Se non vi sta bene chiamate le guardie». C'ero anche io, in attesa, per documentare le condizioni di un pronto soccorso quotidianamente affollato e pieno di problemi. D'altronde erano le 13 passate: l'anziana ed i suoi figli erano seduti nella saletta d'attesa da quasi cinque ore. E dentro, nel pronto soccorso, decine di pazienti vengono stazionati su barelle per giorni, curati in un'unica camerata come possibile, senza privacy, un pigiama, senza orari di ricevimento per i parenti. Medici e assistenti, si sa, fanno il possibile per fronteggiare emergenze e non solo di un bacino d'utenza spropositato per un ospedale tra l'altro afflitto da una perenne carenza di personale. E da giorni, inascoltati, hanno proclamato con il sindacato UIL FPL lo stato di agitazione per denunciare la scarsità di infermieri. «Il continuo blocco del turn over dei lavoratori – sottolinea Lucio di Camillo - sta mettendo gravemente a rischio sia la salute del personale, sia l'assistenza, inadeguata in alcuni casi. Non di rado, per la carenza di ausiliari, gli infermieri sono inoltre costretti a effettuare mansioni non proprie, distogliendo tempo e risorse all'assistenza vera e propria».
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