Biglietti falsi dell'Atac I palmari per riconoscerli nascosti in un magazzino
L'ultimo acquisto: 1000 pezzi per 3 milioni I controllori elettronici inutilizzati dal 2003
Nuovi di zecca, pagati oltre 3 milioni di euro e mai utilizzati. I mille palmari acquistati l'anno scorso dall'Atac per intercettare i biglietti clonati o falsificati sono chiusi in un deposito della società di vigilanza Sipro, in via di Salone, ancora imballati. Nel frattempo continuano a circolare a Roma titoli di viaggio irregolari. «La questione della truffa al sistema di bigliettazione è nota all'azienda», ha fatto sapere ieri l'amministratore delegato di Atac, Danilo Broggi. Eppure nessuno fa nulla. Quei palmari sono gli unici strumenti che consentono di verificare l'autenticità del biglietto. Ogni ticket, infatti, possiede 4 sistemi di sicurezza: la banda magnetica, il codice a barre, il numero di serie e un ologramma. Le macchine vidimatrici presenti sui bus e ai tornelli delle metro non sono in grado di controllare questi parametri. Accertano soltanto che il titolo di viaggio sia stato convalidato nei 100 minuti. In realtà di palmari ce ne sarebbero a volontà. Anche una precedente fornitura, di 6 anni fa, è rimasta inutilizzata. Il 9 luglio 2007 il consiglio di amministrazione di Atac delibera l'acquisto dalla società Seawind spa di 180 terminali portatili per «il controllo ispettivo» dei biglietti, al prezzo di ben 2.650 euro ciascuno (iva esclusa). Gli apparecchi sarebbero dovuti andare in dotazione al personale Atac e Cotral. Il budget predisposto per l'acquisto di 150 palmari ammontava a 502.500 euro, per un costo di 3.350 euro ciascuno. Data la convenienza (diciamo così) dell'offerta fatta dal fornitore, il cda decide di acquistarne 180, invece che 150. All'epoca, l'amministratore delegato della Seawind era Carlo Tosti, poi nominato, a maggio 2011, ad di Atac. L'azienda capitolina nel 2010 è stata costretta a condurre un'indagine interna per far luce sulla questione della truffa al sistema di bigliettazione. Il rapporto conclusivo è stato consegnato il 3 agosto del 2012 alla Procura di Roma, che già da tempo indagava sui biglietti taroccati. «I risultati forniti dall'equipe di ingegneri - si legge nella relazione del collegio sindacale dell'azienda, presentata lo scorso 22 aprile - hanno posto in evidenza l'esistenza di gravi carenze gestionali specifiche, sia di organizzazione che nel sistema di controllo interno informatico». La commissione indica molteplici attività per contrastare il fenomeno dei titoli di viaggio falsi «che producono ingentissimi danni economici all'azienda». Una di queste attività potrebbe essere proprio quella di rispolverare i 1.000 palmari acquistati nel 2012 (oggi chiusi in un deposito) e i 180 comprati nel 2007. C'è addirittura un'altra fornitura precedente a quell'anno. «Il contratto siglato nel settembre 2003 con la società australiana Erg Ldt al prezzo di 30 milioni di euro - spiega Massimo Cenci, segretario generale della Felsa-Cisl giornalai - prevedeva che, oltre alla dotazione di un sistema di bigliettazione elettronica (già obsoleto), venissero forniti 170 terminali portatili. Ebbene, di questi 170, non ne funzionava nemmeno uno. Fa comodo a tutti i politici soprassedere. Qui siamo davanti a una zecca parallela che batte moneta». È stato proprio il sindacato degli edicolanti, nel 2005, a dare impulso al primo filone d'inchiesta della Procura. Alcuni giornalai denunciarono di aver ricevuto dal fornitore ufficiale di Atac dei biglietti con gli stessi numeri di serie. Da lì poi hanno preso il via le indagini della Guardia di Finanza che hanno individuato una quindicina di persone, tra cui 3 dipendenti della municipalizzata, accusati di truffa e falso. Chiamati in causa, i politici prendono le distanze. «Spero che i colpevoli, di qualunque partito, siano arrestati e che venga buttata la chiave», taglia corto il sindaco Ignazio Marino. Marco Di Stefano, deputato Pd, ha intenzione di presentare un'interrogazione al ministro dell'Economia. Mente il presidente dell'Assemblea capitolina Mirko Coratti chiede una commissione d'indagine per fare luce sulla vicenda.
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