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Ferragni, i legali dell'influencer: "È innocente e ha risarcito, non può pagare due volte"

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Foto: La Presse

Redazione
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"Innocente" da ogni "punto di vista" e comunque Chiara Ferragni ha già risarcito: una condanna significherebbe farla 'pagare' due volte per lo stesso fatto. E' il giorno della difesa in Tribunale a Milano, nel processo in cui l'influencer è imputata di truffa aggravata per i casi della beneficenza legata alle vendite del 'Pandoro Pink Christmas' di Balocco del Natale 2022 e delle Uova di Pasqua '21-'22 di Dolci Preziosi. Durante una pausa dell'udienza-fiume, che inizia alle 9.30 del mattino e dura fino al pomeriggio inoltrato, lei esce dall'aula della terza sezione penale per ristorarsi.

Si mostra sorridente ai giornalisti che affollano i corridoio: "Ho ascoltato i miei avvocati e sono tranquilla e fiduciosa, speriamo bene. Siamo fiduciosi, dai". I legali Giuseppe Iannaccone e Marcello Bana hanno da pochi minuti chiesto al presidente Ilio Mannucci Pacini di assolvere la 38enne argomentando contro la richiesta di 1 anno e 8 mesi presentata il 25 novembre dal procuratore aggiunto Eugenio Fusco e il sostituto Cristian Barilli. Durante le arringhe avrebbero contestato una sorta di violazione del 'ne bis in idem', uno dei principi cardine del diritto che vieta di perseguire per un fatto chi è già stato giudicato per lo stesso. Ferragni ha già pagato per la pubblicità ingannevole legata alla filantropia per sostenere l'acquisto di un nuovo macchinario con cui esplorare cure terapeutiche nei bambini affetti da Osteosarcoma e Sarcoma di Ewing per l'Ospedale Regina Margherita di Torino da finanziare con i pandori Balocco e per il sostegno all'associazione 'Bambini delle Fate' con le uova di Pasqua 'Dolci Preziosi' prodotte da Cerealitalia-ID: circa 3,4 milioni di euro fra risarcimenti e donazioni che renderebbero una condanna nei suoi confronti - argomentano - un accanimento contrario ai principi del diritto. In quasi 4 ore Iannaccone e Bana citano alcune vicende 'simili', legate alla pubblicità ingannevole su temi 'ambientali' o di 'sostenibilità' in cui società e aziende, una volta multate, non affrontano nemmeno i procedimenti penali.

I legali della 38enne sarebbero tornati a battere sulla "buona fede" dell'imprenditrice, valorizzando le dichiarazioni spontanee rese dall'imputata alla scorsa udienza quando ha detto: "Abbiamo sempre fatto tutto in buona fede, nessuno di noi ci ha lucrato" e ripercorso quella fase della sua vita parlando di un momento di grande successo personale, citando il ruolo da co-conduttrice al Festival di Sanremo ed elencando i casi di "impegno" per il sociale che l'hanno vista partecipare in prima persona: dalle campagne contro la violenza sulle donne alla raccolta fondi lanciata nel marzo 2020 assieme all'ex marito, Fedez, per sostenere l'ospedale San Raffaele e che ha raccolto oltre 4,5 milioni di euro per la creazione di nuovi posti letti all'interno del reparto di terapia intensiva da destinare all'emergenza Covid in piena pandemia e lockdown. Per i difensori sono "molteplici le ragioni" per cui è "innocente", spiegano brevemente a margine uscendo dall'aula. Motivi che "abbiamo rassegnato al giudice e che lasciamo alla camera di consiglio". Da quanto trapelato, la difesa avrebbe contestato ai pm che hanno coordinato le indagini del Nucleo Pef della guardia di finanza, anche l'assenza di causalità fra i presunti "artifizi e raggiri" contestati per dimostrare la truffa e la decisione dei consumatori di acquistare pandori e uova di Pasqua. La Procura di Milano, che ha ascoltato anche le arringhe dei difensori dei computati Fabio Damato, ex manager delle società titolari dell'immagine di Ferragni e all'epoca braccio destro della 38enne per cui ha chiesto la stessa pena e l'amministratore delegato e presidente di Cerealitalia-ID, Francesco Cannillo (chiesto un anno), sta valutando se replicare alle argomentazioni.

La sentenza è prevista per il 14 gennaio. Nella decisione del giudice del processo con rito abbreviato potrebbe avere un peso importante la valutazione della aggravante di "aver profittato di circostanze di luogo e persona tali da ostacolare la privata difesa" dei consumatori. Per la Procura la truffa di cui si sarebbe macchiata l'influencer è simile a manipolazione del mercato in cui "l'inganno", prodotto sulla rete, si sposta poi sui bancali della grande distribuzione organizzata vendendo al pubblico dei beni dopo averlo convinto o avergli fatto credere con post e stories di Instagram che l'attività benefica sia collegata al numero di acquisti. Al contrario di quanto prevedevano i contratti con le aziende. Per gli inquirenti sarebbero proprio questi due luoghi - il web, dove Ferragni godeva di credibilità indiscussa, e le grandi catene di supermercati a cui le persone si rivolgono quotidianamente per fare la spesa riponendo a loro volta fiducia - ad aver generato l'aggravante contestata in quella che già la Procura generale della Cassazione, decidendo sulla competenza territoriale dei magistrati di Milano a indagare nel conflitto generato con la Procura di Cuneo, aveva definito come "truffa contrattuale dal carattere diffuso". Nel caso in cui invece il Tribunale non dovesse riconoscere la sussistenza delle minorata difesa - circostanza particolarmente severa che la legge punisce con pene fino a 6 anni nei processi con riti ordinari, più elevate di altre aggravanti (inclusa quella di truffa ai danni dello Stato,) - Ferragni andrebbe prosciolta dal reato di truffa semplice per difetto di querela. "non ci sono i truffati", sintetizzano i suoi legali.

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