"Bonaccini fa la spalla di Elly", insorge la minoranza. E Zampa lascia la corrente riformista...
Due anni e mezzo fa pensava di avere il Pd in mano, ieri è stato di fatto sfiduciato anche dalla minoranza, che avrebbe dovuto rappresentare.
L’amara parabola di Stefano Bonaccini, l’eurodeputato che perse le primarie con una semi sconosciuta (che però fu vicepresidente della sua giunta in Emilia Romagna), per poi diventarne il più fedele alleato. Un equivoco che ieri è andato in frantumi. Il Presidente del partito convoca una riunione on line con la corrente, salvo scoprire che molti suoi colleghi avevano già dato la disdetta, «non ci saremo». La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la convocazione della direzione (l’ultima sette mesi fa) per dopodomani, alla vigilia delle elezioni nelle Marche. Uno stratagemma per tappare la bocca un’altra volta ai riformisti, impedire un confronto sul tema dolente della politica internazionale. Responsabilità di Elly Schlein, ma anche dell’ex Governatore che si è assunto il ruolo di avvocato difensore del Nazareno.
Così nelle scorse ore gran parte dei parlamentari dell’area politica hanno comunicato la loro indisponibilità a partecipare all’incontro: Lorenzo Guerini, Pina Picierno, Graziano Delrio, Filippo Sensi, Marianna Madia, Giorgio Gori, Lia Quartapelle. L’ultimo schiaffo però si registra proprio durante la mini assemblea: la senatrice Sandra Zampa, una delle ultime prodiane in Parlamento (fu capo ufficio stampa del Professore nel 2005/2006) fa i bagagli e abbandona «Energia Popolare». Con parole che vengono riportate come al vetriolo: «Una minoranza non ha il compito solo di presidiare posti e ruoli». Con una secca considerazione finale: «Non c’è pluralismo in questo partito».
D’altra parte le critiche più pesanti alla segretaria dem e alla sua maggioranza sono venute proprio dall’ex Presidente Ue, un controcanto continuo, che ha convinto altri padri nobili dem, come Luigi Zanda e Paolo Gentiloni. Una bocciatura che ha coinvolto anche una minoranza considerata troppo accomodante. Il Pd torna in subbuglio, a meno di due anni dalla scadenza elettorale del 2027: in tempo per decidere la rotta. Quella di Elly Schlein è chiara: affidare al M5S il comando della coalizione, a qualsiasi costo. Eventualmente anche quello di perdere la leadership della coalizione a favore dell’avvocato di Volturara Appula. Uno scenario che la minoranza non può condividere.
L’altra minaccia per i riformisti dem, è la cosiddetta tenda dei centristi, che Matteo Renzi, con il lasciapassare di Dario Franceschini, sta tentando di allestire. Una vecchia idea di Goffredo Bettini che diventa realtà: il Pd resti un accampamento di sinistra, gli altri facciano una sorta di Margherita bonsai. Una collocazione che non convince i diretti interessati, a partire dall’ex ministro della Difesa che ai suoi ribadisce: «Sarebbe come abdicare ad un ruolo che invece deve essere esercitato dal Pd».
E allora che fare? Una suggestione è venuta la settimana scorsa dalla tre giorni organizzata a Ventotene dalla vicepresidente del Parlamento Europeo, Pina Picierno.Un partito fortemente europeista, in grado di fare proposte concrete alternative a quelle di Giorgia Meloni, evitando la sfida ideologica alla leader di Fratelli d’Italia. Sull’isola pontina, uno degli interventi più seguiti e più applauditi dalla platea, è stato quello di Paolo Gentiloni. Insomma il partito delle origini che potrebbe ancora essere il Pd del futuro. Nel mezzo quella che molti ritengono un’inquilina abusiva da mettere alla porta.
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