si punta sul dialogo
Dazi, vince la linea italiana: contromisure sospese fino al primo agosto
Passa la linea di Giorgia Meloni, o meglio, l’asse tra Palazzo Chigi, il cancelliere tedesco Merz e la Presidente Ue. È proprio Ursula von der Leyen a fare la prima mossa: «Estenderemo la sospensione delle contromisure fino ai primi di agosto», annuncia in conferenza stampa. In pratica, altro tempo (prezioso) per trattare ed andare a vedere le carte di Donald Trump. «Abbiamo sempre detto che preferiamo una soluzione negoziata e questo rimane valido», ha ribadito. Tuttavia, «possiamo rispondere con contromisure, se necessario», precisa la Presidente Ue. Poi, nel pomeriggio di ieri, a Bruxelles, si è tenuta la riunione degli ambasciatori permanenti dei 27, il Coreper, convocati urgentemente per svolgere una ricognizione sul campo. Che mosse possiamo fare? Fin dove possiamo spingerci? Come in una partita di poker, i dazi al 30% saranno un bluff? O piuttosto un modo che il giocatore americano utilizza per farci sentire la pressione? Dalla riunione arriva un primo via libera alla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, che ha raccolto supporto da parte dei 27 ambasciatori alla linea proposta, con la decisione, tra l’altro, di prorogare la sospensione del primo pacchetto di contromisure per quasi 21 miliardi di euro.
«Non arriveranno prima del 1 agosto», esorta il cancelliere tedesco Friedrich Merz. «Vogliamo usare le prossime due settimane e mezzo per risolvere la situazione». In sintonia con Giorgia Meloni, ancorata alla linea della trattativa ad oltranza, la guerra commerciale con gli Stati Uniti sarebbe un massacro per tutti. «Cautela e sostegno alla mediazione portata avanti dall’Unione Europea», sostengono fonti di Palazzo Chigi. In contro tendenza, i socialisti propongono il pugno di ferro: «Rinviare le ritorsioni contro gli Stati Uniti fino al primo agosto è preoccupante». Secondo i socialisti: «Abbiamo bisogno di influenza in questi negoziati, altrimenti Trump non farà altro». La posizione di S&D in Europa resta più isolata che mai; a Bruxelles si impone il fronte della prudenza: «Non è il momento di colpi di testa». In pratica, il fil rouge suggerito fin dal primo momento dal governo italiano: «Cerchiamo una soluzione concordata fino all’ultimo giorno utile, evitiamo escalation commerciali». L’amministrazione americana sostiene che le tariffe rafforzeranno l’economia interna dopo decenni di «saccheggi da parte di nazioni straniere». Nel 2024, gli scambi commerciali tra UE e USA hanno raggiunto il valore record di 1,7 trilioni di euro (2 trilioni di dollari), pari a una media di 4,6 miliardi di euro al giorno, secondo Eurostat.
Le principali esportazioni europee verso gli Stati Uniti includono farmaci, automobili, aeromobili, prodotti chimici, strumenti medici, vino e liquori. Un giro d’affari che spiega la cautela ratificata dagli ambasciatori dei 27: «Nessuna ritorsione immediata; entrambi i pacchetti saranno pronti per essere utilizzati se i negoziati non produrranno un risultato accettabile». In pratica, le contromisure sono pronte, ma per ora restano chiuse nel cassetto. La linea di Palazzo Chigi è condivisa da tantissimi settori della produzione Made in Italy, che chiedono a una sola voce di trattare con l'amministrazione Trump con autorevolezza e in modo compatto a livello europeo. «Gli Stati Uniti», spiega il presidente della Cna, Dario Costantini, «rappresentano il secondo mercato di riferimento per il sistema delle imprese italiane, con una quota del 10,4% dell’export, alla pari con la Germania». Ora la palla passa al ministro degli Esteri Antonio Tajani, che domani volerà a Washington per incontrare il segretario di Stato USA Marco Rubio. La mano di poker va avanti.