scollegati dal paese

Sinistra a terra, la strana protesta contro il Decreto Sicurezza. Parapiglia in Senato

Christian Campigli 

Il Parlamento trasformato in un saloon modello far west. Urla, minacce e scenette a metà tra il comico, il drammatico e il grottesco. La sinistra ieri ha mostrato tutte le proprie, enormi contraddizioni, con una surreale rappresentazione del Grand Guignol in salsa italica. Al centro della contesa, l’approvazione (definitiva) a Palazzo Madama del decreto Sicurezza, licenziato con 109 sì, 69 voti contrari e un astenuto. Una norma fortemente voluta dal centrodestra, bollata come l’anticamera della fine della democrazia dalla sinistra.

 

  

La mattinata inizia con una protesta inscenata dai senatori del Partito Democratico, di Avs e del Movimento Cinque Stelle. Gli elettori della rive gauche, dopo vari mugugni, si siedono al centro dell’Aula di Palazzo Madama. Vogliono, in quel modo, criticare una delle norme presenti nel dl Sicurezza, quella che inasprisce le pene per i manifestanti che occupano le strade. È così, in quello che dovrebbe essere il tempio della democrazia, va in scena una sorta di resistenza passiva. La mano tesa non ai lavoratori che hanno perso il proprio impiego o nei confronti di chi subisce un furto. Ma bensì ai quali ragazzi che, a giorni alterni, bloccano le strade e le ferrovie per proteste contro i problemi ambientali, la guerra, la carestia e il razzismo. Un atto dimostrativo che, da illecito amministrativo, ora è diventa reato. Ma non basta. I rappresentanti del popoli iniziano a gridare, come il più fanatico degli ultras di una curva di calcio. «Vergogna, vergogna». Non soddisfatti, gli esponenti dell’universo progressista scimmiottano ulteriormente i baldanzosi giovani di Ultima Generazione e sollevano un cartello, in Aula, con la scritta «denunciateci tutti». E così il presidente del Senato Ignazio La Russa si trova costretto a sospendere la seduta, ripresa successivamente con le dichiarazioni di voto.

 

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Il Parlamento ritrova la sua forma e la sua liturgia: la conferenza dei capigruppo registra le critiche al testo delle opposizioni, che parlano apertamente di «svolta autoritaria» con il decreto. Il clima torna ad infiammarsi quando prende la parola Alberto Balboni di Fratelli d’Italia e, nauseato da una mattinata di proteste e accuse, punta il dito contro la sinistra e la accusa di «stare con la criminalità organizzata. Voi siete quelli che andavate in carcere a trovare i terroristi e i mafiosi». Ma il piatto principale dell’indigesto menù si rileva quando Carlo Calenda si trasforma in un giovane Rocky Balboa. Il leader di Azione non apprezza, affatto, il discorso del presidente della commissione Affari costituzionali: «Se vuoi fare il fascista di Colle Oppio ci vediamo a Colle Oppio. A me non puoi accostarmi alla criminalità organizzata». In un attimo, l’esponente centrista paonazzo in volto cerca di raggiungere Baldoni, ma viene (fortunatamente) fermato dai commessi che lo bloccano, evitando cosi il contatto con il meloniano. A fare le spese dei tumulti in Senato, il questore Gaetano Nastri, che riporta una lieve contusione alla spalla destra.

 

Infine, non va infine dimenticata la polemica costruita ad hoc intorno alle parole del senatore di FdI Gianni Berrino: «Le donne che fanno figli per poter rubare, non sono degne di farlo. Un bambino sta più sicuro in carcere che a casa con genitori che li concepiscono per andare a delinquere». Una piaga sociale della quale sono vittime i minori stessi e i tanti utenti che, quotidianamente, usano la metropolitana ed i mezzi pubblici. E che subiscono scippi pressoché continui. Un punto, evidentemente, sottovalutato dai dem. «Raramente ho sentito parole più crudeli», dice senatore dem Filippo Sensi augurandosi «sia solo una livida propaganda, e che non lo pensi davvero. Ho urlato di tutto».