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Tricolore, Made in Italy e anticomunismo: l'eredità di Craxi che somiglia a Meloni

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Pietro De Leo
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È possibile tracciare un bilancio storico-culturale al cospetto del venticinquennale dalla morte del leader socialista Bettino Craxi nell’esilio di Hammamet. E riguarda l’aggancio di quei valori, quei retaggi e quella chiave di lettura di cui si fece promotore all’Italia politica di oggi, cinque lustri dopo, in un quadro fortemente polarizzato. Le comunanze portano tutte al centrodestra, oggi guidato da Giorgia Meloni, in continuità con quanto accadde nella precedente fase di leadership, con Silvio Berlusconi.

Su questo, c’è un presupposto importante da illustrare. Mentre la sinistra non si è mai svincolata dalla pulsione moralista e dai più o meno celati aneliti di «via giudiziaria al potere» (come da avviso di Gerardo Chiaromonte a un incredulo Craxi), la destra, nelle sue parti più identitarie, ha saputo sganciarsi dall’esperienza giustizialista del ’92-'93. Se, quando il centrodestra fu fondato da Silvio Berlusconi nel 1994, Forza Italia era l’unico partito autenticamente garantista, mentre Alleanza Nazionale e Lega Nord erano reduci ancora contaminati dal furore di Mani Pulite vissuto dalla parte dei persecutori, oggi i tre partiti sui temi di giustizia sono pressoché allineati. Questo già colloca il complesso di un uso politico della giustizia, che abbatté il Craxi leader e il Craxi uomo, tutto in campo sinistro e contribuisce a spiegare perché in quel lato non v’è alcuna analogia con il leader riformista degli anni ’80. Poi ci sono ragioni più calate nelle scelte politiche di Craxi, che confermano la sintonia con il centrodestra di ieri e di oggi. Quel che balza agli occhi è, innanzitutto, la collocazione internazionale.

Nell’epoca della Guerra Fredda, Bettino Craxi si intestò un fiero, mai esitante, posizionamento anticomunista, fino allo zenith del via libera all’istallazione dei missili pershing e cruise in Italia, circostanza che si rivelò determinante per la prevalenza del blocco della libertà. La scelta di Craxi si agganciava alla concezione di libertà in senso assoluto (valore che ritroveremo anche nell’esperienza di Silvio Berlusconi, come spiega un articolo di Don Gianni Baget Bozzo del 2004). A testimonianza di questo, la sfida al regime di destra di Pinochet, che Craxi lanciò andando a visitare la tomba di Salvador Allende. Tutto trasposto oggi, il centrodestra e della premiership di Giorgia Meloni si colloca senza divaricazioni sostanziali (contrariamente a quanto accade a sinistra) in contrapposizione al blocco delle dittature contemporanee: Russia, Iran, Cina, Venezuela, Corea del Nord. Con un sottotesto. Craxi fu molto impegnato nel sostegno alle dissidenze, oggi ritroviamo quel retaggio, per esempio, nell’appoggio di Forza Italia all’opposizione al regime di Maduro.

Ci sono poi altri elementi che collegano l’esperienza socialista craxiana con quella dell’impronta del governo Meloni. Un atlantismo che non rinuncia a una postura per la difesa dell’interesse nazionale (oggi l’abbiamo visto con il caso Sala-Abedini), la proiezione di presenza politica nel Mediterraneo e in Africa, la visione del due popoli-due stati in Medio Oriente. Qui va fatto un distinguo, dovuto all’appoggio di Craxi alla causa palestinese, nell’ottica di guidare Arafat verso l’abbandono della lotta armata. Ma quella visione che ebbe Craxi di un’autodeterminazione palestinese a Gaza e Cisgiordania era l’anticamera dello schema che l’Italia e tutto l’Occidente auspicano. C’era poi una serie di "chiodi" che attualmente ritroviamo solo e soltanto nel centrodestra a guida meloniana. Il concetto di Patria, che Craxi rivendicò attraverso l’idea del «socialismo tricolore» e quel culto storico-politico di Giuseppe Garibaldi, figura metafora di eroismo e riunificazione del Paese. Poi l’attenzione al Made in Italy. Il concetto di valorizzazione delle eccellenze nazionali della produzione come progetto politico, che oggi si ritrova anche in una denominazione ministeriale, fu fortemente rivendicato da Craxi. Basti pensare al congresso all’Ansaldo di Milano, 1990, dove addirittura furono esposti negli stand i prodotti più innovativi dell’eccellenza italiana. Da ultimo, le rivoluzioni tecnologiche. Così come Craxi aprì le porte a quella dell’elettronica che negli anni ’80 impresse una trasformazione nell’organizzazione del lavoro e della vita domestica, oggi Giorgia Meloni da Presidente del Consiglio ha posto tra i punti centrali il governo del fenomeno intelligenza artificiale. Tanto da dedicare una sessione al G7 della Puglia lo scorso giugno.
 

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