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Covid gate e l'ira di Bonaccini. E il caso arriva in Parlamento

Rita Cavallaro
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La sprecopoli Covid del governatore Stefano Bonaccini finisce in Parlamento. L’inchiesta de Il Tempo ha scoperchiato il vaso di Pandora sulla gestione della pandemia in Emilia Romagna e il caos nel pronto soccorso dell’ospedale Maggiore di Parma, dovuto ai ritardi dei tamponi. E ora il senatore di Fratelli d’Italia Marco Lisei, che all’epoca dell’emergenza era consigliere regionale, ha annunciato che presenterà un’interrogazione parlamentare al governo per chiedere chiarezza sulle scelte sanitarie della giunta Bonaccini, tra cui l’esclusione del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dalla rete dei centri diagnostici regionali per la processazione dei tamponi. «Quanto sta emergendo è di assoluta gravità», spiega il senatore. «Già a suo tempo ricordo che in Assemblea legislativa evidenziammo le criticità che c'erano sul ritardo nella processazione dei tamponi. Era un periodo nel quale non ricevevamo alcuna risposta alle nostre interrogazioni e accessi atti», sottolinea, «tanto che fui costretto ad un esposto alla Procura della Repubblica per queste mancate risposte. Poi iniziarono, seppur tardivamente, ad arrivare. Per questo oggi, alla luce di quanto sta emergendo, riteniamo doveroso che il Ministero ci dica se l’allora ministro Roberto Speranza concesse una deroga alla Regione Emilia Romagna rispetto alla circolare ministeriale e, in caso affermativo, per quale ragione si è consentito alla Regione di agire in tal modo. Se non ci fu deroga», conclude il parlamentare, «l’assunzione di responsabilità è tutta in capo alla Regione, diversamente sarebbe un altro degli errori clamorosi della gestione pandemica del Governo Conte».

 

 

 

Intanto, invece di rispondere nel merito, il governatore Bonaccini ieri ha preferito fare un tweet polemico che non contribuisce a chiarire nulla. Forse perché, come raccontano alcune persone a lui vicine, sarebbe furibondo per aver scoperto i dettagli dell’inchiesta sulle pagine de Il Tempo. E mentre eventuali errori dell’esecutivo guidato dal presidente del Pd saranno oggetto delle indagini della Commissione parlamentare d’inchiesta Covid, quello che è accaduto nell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma è al vaglio della Procura, che ha aperto un’inchiesta partita da un esposto del marzo 2020 del reparto di Virologia da cui poi è scattata una vertenza tra lo stesso laboratorio e l’azienda sanitaria. A cui sono seguiti altri esposti e recentemente sequestri di referti dei tamponi e provette da parte del Nas. Sotto la lente ciò che è avvenuto nel secondo ospedale dell’Emilia, il Maggiore, dove il dg Massimo Fabi ha estromesso dalla diagnostica sui campioni Sars-Cov2 il Laboratorio di Virologia per creare dal nulla, e a caro prezzo, un team di medici a Igiene, i quali, oltre ad aver operato in mancanza di una convenzione con l’Azienda, sottoscritta retroattivamente il 12 maggio 2021 con efficacia dal 23 febbraio 2020, avrebbe ritardato i responsi sui tamponi tanto da mandare in tilt il pronto soccorso. Adesso anche i familiari delle vittime vogliono risposte. Ad annunciarlo è l’avvocato parmigiano Luca Berni, del pool di legali che assiste le famiglie dei morti da Covid di tutta Italia.

 

 

«In quel periodo feci diversi esposti su alcuni decessi verificatisi all’ospedale Maggiore. Auspichiamo che l’indagine della Procura chiarisca se quelle morti potessero essere evitate e, nel caso, di chi sono le responsabilità. Non sono un mistero le difficoltà del pronto soccorso, dove i pazienti in condizioni gravi restavano in attesa di cure finché non arrivava il responso della positività. Ora bisogna andare fino in fondo, per dare giustizia ai familiari». Quella situazione è stata confermata direttamente all’avvocato con una lettera del 23 giugno 2020, firmata da un gruppo di medici del Maggiore, in cui si legge: «Non vi sono dubbi che alcuni comportamenti della direzione aziendale hanno contribuito alla elevata percentuale di mortalità del nostro ospedale. Il ritardo nella esecuzione e refertazione è una delle cause. Questo ritardo molto grave è stato ammesso dagli stessi dottori Venturi e Fabi». Sottolineano come «il ritardo dei tamponi abbia facilitato la diffusione dell’epidemia con conseguenti morti e ciò sia stato causato dal blocco delle indagini di tamponi presso la Uoc di Virologia». Infine spiegano come nelle cartelle dei pazienti fosse «riportato solo tampone positivo o negativo, ma non il referto firmato da specialista in possesso della idonea specializzazione». E che Igiene comunicava i risultati dei tamponi «per telefono o per e-mail: e se qualcuno ha capito male, che attendibilità aveva?». Le indagini, forse, daranno le risposte per valutare se ci sia stata un’epidemia colposa. 

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