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Sanremo palco pro Gaza, indignazione degli ebrei: "Diffusione d'odio"

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Dario Martini
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Ad accendere i riflettori su una cosa che era sotto gli occhi di tutti è stato ieri mattina l’ambasciatore israeliano in Italia Alon Bar: «Ritengo vergognoso che il palco del Festival di Sanremo sia stato sfruttato per diffondere odio e provocazioni in modo superficiale e irresponsabile». Bar ricorda che «nella strage del 7 ottobre, tra le 1200 vittime, c'erano oltre 360 giovani trucidati e violentati nel corso del Nova Music Festival. Altri 40 di loro, sono stati rapiti e si trovano ancora nelle mani dei terroristi insieme ad altre decine di ostaggi israeliani. Il Festival di Sanremo avrebbe potuto esprimere loro solidarietà. È un peccato che questo non sia accaduto». Seil rappresentante di uno Stato estero prende la parola non lo fa mai a caso. Significa che è la posizione del suo Paese, anche se veicolata via social, come in questo caso. A cosa si riferisce l’ambasciatore israeliano? Non fa riferimenti specifici. Ma è facile capire da dove provenga la sua indignazione.

 

 

 

Il principale indiziato è il testo di Ghali, il cantante nato a Milano da genitori tunisini, che a un certo punto recita: «Ma come fate a dire che qui è tutto normale/Per tracciare un confine/Con linee immaginarie bombardate un ospedale/Per un pezzo di terra o per un pezzo di pane/Non c’è mai pace». Poi, l’altro ieri sera, alla fine dell’esibizione ha voluto scandire: «Basta genocidio». Come se non bastasse, durante la performance del rapper Tedua, in collegamento attorno alla mezzanotte da una nave da crociera, è apparsa una bandiera palestinese e il cartello «Stop genocide». Ma gli slogan e i continui appelli a senso unico (ovvero pro Palestina e silenzio assoluto sulle atrocità che ha dovuto subire Israele per mano di Hamas) hanno contraddistinto tutte le serate del Festival. Dargen D’Amico, che ha lanciato appelli al cessate il fuoco, ha indossato il braccialetto con i colori della Palestina, schierandosi apertamente per una delle due parti in causa.

 

 

Diciamo che trasversalmente gli appelli per la pace hanno sempre sottolineato i bombardamenti israeliani dimenticando che ci sono ancora un centinaia di ostaggi israeliani nelle mani di Hamas e che il gruppo terroristico continua a professare la cancellazione dello Stato ebraico dalla faccia della terra. Di fronte a tutto ciò, la reazione della comunità ebraica è compatta da Roma a Milano. Per il presidente della comunità ebraica romana, Victor Fadlun, «è strano ed è anche molto triste che nessuno tra gli organizzatori, gli autori o gli artisti del Festival di Sanremo abbia avvertito la necessità morale di trovare un momento, uno spazio anche piccolo per ricordare e dedicare un pensiero a Nir Forti, il giovane italo-israeliano di 29 anni che proprio per amore della musica, soltanto perché si trovava al disgraziato Nova Music Festival nel deserto, insieme a centinaia di altri ragazzi e ragazze, molti tuttora ostaggi, è stato barbaramente ucciso dai terroristi di Hamas. Questo ci saremmo aspettati, invece di vedere chi si approfittava di Sanremo per Vittime L’ambasciatore israeliano ha ricordato le persone uccise da Hamas il 7 ottobre che non sono state ricordate a Sanremo lanciare messaggi politici senza contraddittorio».

 

 

Indignazione che emerge anche dalle parole del presidente della comunità ebraica di Milano, Walker Meghnagi: «Non possiamo accettare che nella nostra Italia, nel paese dei nipoti di quanti hanno stilato le leggi razziali, si possa spacciare una tale propaganda anti israeliana, in prima serata, sulla televisione pubblica - prosegue -. Non col nostro silenzio. Le nostre sinagoghe e le nostre scuole sono circondate dalla polizia e dall’esercito, sappiamo sulla nostra pelle che la propaganda finisce per armare le mani dei violenti. E ci chiediamo, dove sono i vertici Rai?». Vertici Rai che, dopo queste proteste, ieri sono intervenuti, con la solidarietà espressa dall’ad Roberto Sergio alla comunità ebraica e ad Israele. Intanto, Ghali risponde all’ambasciatore israeliano rivendicando la sua posizione: «Mi dispiace tanto che abbia risposto in questo modo. E per cosa dovrei usare questo palco? Io sono un musicista e ho sempre parlato di questo da quando sono bambino. Non è dal 7 ottobre, questa cosa va avanti già da un po’. Continua questa politica del terrore e la gente ha sempre più paura di dire stop alla guerra e stop al genocidio, le persone sentono che perdono qualcosa se dicono viva la pace».

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