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Autonomia, ok in Senato. Ossessione Pd: spunta il coro "antifascista"

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Come previsto il ddl per l’autonomia differenziata trova luce verde in Senato. Poco prima delle 18.30, il disegno di legge a firma Calderoli viene approvato (110 voti a favore, 3 astenuti e 64 contrari) mentre in Aula un incredulo Gian Marco Centinaio, a capo dell’assemblea, legge i voti mentre risuona un inno di Mameli cantato da tutto l’emiciclo. L'inno nazionale viene intonato dalla minoranza, ma al canto, viene riferito, si unisce anche Fratelli d’Italia, mentre i Dem non dimenticano di scandire "viva l’Italia antifascista"....

Nella maggioranza nessuno, dopo le polemiche sulla legge, vuole sentirsi accusare di aver diviso il paese. La Lega sembra già da un’altra parte, tant’è che la senatrice Mara Bizzotto preferisce tirare fuori lo stendardo con il leone veneto di San Marco. Calderoli esce in buvette, ma preferisce non farsi avvicinare dai giornalisti, mentre il leader della Lega, Matteo Salvini, arrivato a metà seduta, è già andato via. Il partito che pure ha voluto più di tutti questa riforma tiene toni bassi. Forse pensando alle prossime insidie, all’Aula della Camera dove sono in agguato emendamenti e dove le opposizioni hanno promesso di mettersi di traverso, facendo balenare anche il ricorso al referendum abrogativo. Salvini si limita a una nota: «È un passo importante verso un Paese più moderno ed efficiente», dice, non senza ricordare come il governo si stia muovendo «nel rispetto della volontà popolare espressa col voto al centrodestra che lo aveva promesso nel programma elettorale».

 

Per Calderoli «si è compiuto un ulteriore passo avanti verso un risultato storico, importantissimo e atteso da troppo tempo». Il Aula si scalda di più il capogruppo Massimiliano Romeo che alza i toni e rivendica «il patto di maggioranza di cui andiamo fieri» scandendo che «più poteri al premier significa dall’altra parte controbilanciare con più autonomia sul territorio». Per Romeo è però «l’avvio di un percorso, ci sarà il passaggio alla Camera, andranno perfezionato le intese». 

 

Dalla maggioranza, Andrea De Priamo, rivendica il lavoro dei meloniani («il nostro lavoro di squadra») per migliorare un testo «dove ora è categoricamente escluso che ci siano rischi per l’unità d’Italia, grazie ai nostri emendamenti». «Meloni non avrebbe mai messo nel programma qualcosa in cui non si crede e che possa essere dannoso per l’Italia». «Noi -dice spiegando il voto favorevole di Fdi alla norma-bandiera della Lega- potremmo sbagliare ma stiamo qui per servire l’Italia e quindi nessun baratto da fare». Dal partito democratico Schlein replica: «Non capisco come Meloni abbia potuto cedere a questo orrendo baratto per i suoi fini politici mettendo a repentaglio l’unità nazionale, perché di questo stiamo parlando dietro il nome di autonomia differenziata». «Dovremmo proseguire -aggiunge- la battaglia in parlamento qui alla Camera, ma serve una mobilitazione forte con tutte le altre forze politiche e sociali». Per il leader del M5S «Meloni spacca il Paese e svende il Sud a Salvini: lasciano in un vicolo cieco i territori più svantaggiati del Paese, anziché rilanciarli per il bene di tutti. Cade la maschera: non ci sarà nemmeno un centesimo per finanziare i servizi essenziali nei territori più fragili, visto che il progetto è vincolato all’austerità di bilancio», si legge su X. Per la cronaca Azione si è spaccata in Aula, con i calendiani che hanno scelto di astenersi, ad eccezione di Mariastella Gelmini che ha votato a favore del disegno di legge. 

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