Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Sfilata al Circo Massimo, usano Giulia Cecchettin per attaccare il governo

Edoardo Romagnoli
  • a
  • a
  • a

A Roma sfila il corteo organizzato dal movimento «Non una di meno» in occasione della giornata per l'eliminazione della violenza contro le donne. Circa 50mila persone che da Circo Massimo si sono dirette, nel primo pomeriggio, verso il Colosseo per concludere la marcia in piazza San Giovanni. Anche se la protesta era iniziata dalla mattina dove un gruppo di attiviste di «Non una di meno» si è presentato davanti agli studi Rai di via Teulada dove le manifestanti, che indossavano dei passamontagna rosa, hanno esposto davanti ai cancelli uno striscione bianco con la parola «Vergogna». «Sabato 25 novembre, Giornata internazionale contro la violenza di genere, Non Una di Meno sanziona la violenza mediatica, una delle molteplici forme della violenza patriarcale. Colpiamo la Sede Rai in quanto simbolo governativo, in opposizione al governo Meloni che pensa di poter rispondere alla violenza di genere con atti securitari, razzisti e sessuofobici», si legge nel post dell'associazione.

 

 

La vera e propria però è partita alle 14.30 da Circo Massimo e si sarebbe svolta manifestazione senza incidenti se non fosse per gli scontri con la polizia in tenuta antisommossa all'altezza di via Labicana, davanti alla sede di «Pro Vita e Famiglia», quando alcune attiviste si sono soffermate davanti agli uffici dell'associazione lanciando oggetti e accendendo alcuni fumogeni. Negli scontri dovuti a manifestazioni sono rimaste ferite. «Le forze dell'ordine ci hanno preso a manganellate mentre facevamo un'azione con fumogeni e scritte sul muro davanti alla sede di Pro vita e famiglia» ha dichiarato una delle attiviste.
Unico neo di una manifestazione che invece ha visto sfilare insieme famiglie, studenti/esse, giovani e meno giovani.
«Unità sui nostri corpi? Non nel nostro nome» recita uno striscione che ritrae Elly Schlein e Giorgia Meloni che si danno la mano. «Così Schlein legittima la Meloni, legittima un Governo fasciosessista, all'insegna di Dio, patria, famiglia». La manifestante che tiene in mano il cartellone commenta: «Da questo punto di vista l'operato di Schlein è inaccettabile». Della stessa opinione anche un'altra manifestante: «Noi non vogliamo unità con chi ogni giorni ci toglie anche i minimi diritti con il suo modello Medioevo».

 

O ancora. «Le misure che sta prendendo questo governo per contrastare la violenza di genere, che è un fenomeno dilagante, sono assolutamente insufficienti». Mentre dal camion in testa al corteo urlano dal megafono. «Almeno oggi i maschi stanno un passo indietro, in testa al corteo lasciate chi ogni giorno subisce la violenza del patriarcato». Tutto lecito. Le manifestazioni sono sintomo di una democrazia in salute e le contestazioni al governo, o ai «maschi» come in questo caso, fanno parte del gioco. Ma siamo sicuri che dividere sia utile alla causa? Non sarebbe più utile cercare punti di contatto? Anche perché, parliamoci chiaro, se in questo momento storico il «pallino del gioco» e del governo è in mano al centrodestra non so quanto sia utile aggiungere l'esecutivo come l'origine del problema. Non sarebbe più utile cercare una via per costringerlo al dialogo, impegnarsi per una battaglia a difesa delle donne? E se il piano pensato dal ministro Valditare, che prevede di includere nel programma scolastico delle ore dove insegnare l'«Educazione alle relazioni» non basta, perché non fare una campagna per aumentarle o per proporre qualcosa di diverso?

 

 

 

Perché chiudersi nella propria posizione, arroccarsi rifiutando il dialogo con l'altro, ignorando il fatto che «da soli» difficilmente si riesce a vincere le battaglie, qualunque esse siano. La questione è politica e la politica, se vuole produrre risultati, deve scendere a patti, trovare il compromesso. Altrimenti il ​​rischio è che pur di intestarsi la battaglia si perde di vista l'obiettivo. E non è un caso se Elly Schlein, presente al corteo insieme a Maurizio Landini, nelle sue dichiarazioni ai giornalisti sceglie di tenere i toni bassi. «Non servire solo la repressione - dice ai cronisti - ma anche la prevenzione nelle scuole e nella formazione degli operatori. È ora di dire basta». Per la segretaria dem quella contro la violenza di genere deve diventare una battaglia apartitica, in cui ognuno porta il suo contributo senza cavalcate ideologiche. Una promessa che la politica ha mantenuto; e non era scontato. Basti pensare che il Ddl Roccella è passato all'unanimità alla Camera, il 26 ottobre, e al Senato il 22 novembre. Poi sicuramente non basterà, sicuramente c'è da fare di più, ma purtroppo o per fortuna, il rotta della democrazia necessita di continue correzioni, prevede un viaggio lento, complicato e che non sempre arriva alla destinazione prefissata, ma è l'unico possibile .

Dai blog