Odio e amore

Letta, Bonaccini, Gentiloni e Cottarelli, il Pd si scopre fan di Meloni

Edoardo Romagnoli

Dal mostro fascista alla grande statista il passo è breve, almeno per alcuni esponenti del Pd. In campagna elettorale i dem hanno puntato tutto sul pericolo democratico. Giorgia Meloni come la faccia d'angelo usata dai vecchi missini per prendere possesso della stanza dei bottoni, brava all’opposizione, ma incapace di governare e ancora la leader vicina all'Ungheria di Orban che allontanerà l'Italia dai vecchi alleati europei. Poi Meloni è diventata la prima donna presidente del Consiglio italiano e da sinistra sono arrivati i primi timidi complimenti. Alessia Morani, ex deputata dem, scriveva su Twitter: «Complimenti a Giorgia Meloni prima donna italiana che vince le elezioni politiche». Complimenti che nascondevano anche un certo imbarazzo nel dover constatare che la prima donna a «rompere il tetto di cristallo» fosse di destra. Poco più di un mese dopo arriva il tweet dell'europarlamentare Alessandra Moretti che sottolinea la celerità con cui la leader di Fratelli d'Italia è riuscita a formare la squadra di Governo non lesinando un attacco ai suoi:«Giorgia Meloni ci ha messo meno di un mese per fare il Governo. Noi quante stagioni ci dobbiamo mettere per avere una nuova segreteria? Avviamo subito il Congresso per avere a gennaio una nuova leadership. Urge un'opposizione forte».

 

  

 

 

 

Il culmine arriva circa una settimana fa con l'intervista di Enrico Letta al New York Times in cui racconta che Giorgia «è stata meglio di quanto ci aspettassimo», una Meloni moderata, che ha abbandonato l'aggressività dichiarata nei confronti dell'Unione europea, ma che soprattutto su immigrazione, giustizia, diritti degli omosessuali e sull'aborto, ovvero sui temi tanto sbandierati dallo stesso Letta durante la campagna elettorale, non è stato fatto «nulla di drammatico». La Meloni disegnata dal segretario uscente del Pd è talmente lontana da quella che lui stesso raccontava che viene da chiedersi se tutte quelle energie sprecate durante il periodo elettorale non sarebbe stato meglio spenderle per parlare di proposte concrete per il Paese, invece di agitare lo spettro del fascismo. C'è chi potrebbe pensare che quella di Letta possa essere una manovra per mettere in difficoltà la nuova segreteria dei dem, ancor prima che venga eletta. Poi però arriva Stefano Bonaccini, l'erede designato, che rincara la dose: «Meloni non è fascista, è una persona certamente capace» dice il governatore emiliano «alcuni temono ancora una svolta autoritaria, ma Meloni ha sorpreso molti mostrando una vena pragmatica da quando è salita al potere». Non passa neanche una settimana e arriva il turno del commissario europeo agli affari economici Paolo Gentiloni che dalla Gruber a La7 dice «C'era attesa di un governo italiano molto aggressivamente antieuropeo. I primi mesi hanno fatto ricredere chi aveva questi timori. E' vero che, almeno fin qui, il Governo ha preso decisioni molto importanti e utili». Un giudizio che non cambia neanche quando viene incalzato sulla decisione del Governo di dare lo stop al Superbonus «riconosco le preoccupazioni del ministro Giorgetti sulle conseguenze sui conti pubblici». Opinione condivisa anche dall'economista Carlo Cottarelli che è senatore, senza tessera, del Partito democratico «un bonus al 110% che poteva essere utilizzato con la cessione è una modalità troppo generosa e troppo costosa per lo Stato».