cambio di passo

Governo, la rivoluzione è rosa: legislatura sotto il segno delle donne

Domenico Giordano

La diciannovesima legislatura è partita sotto il segno di Venere. Decisamente. E non solo perché con il trasloco di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi è stato infranto il tabù di avere una donna nelle vesti di Presidente del Consiglio, dopo ben trenta presidenti uomini che si sono avvicendati in sessantasette diversi governi. Una novità assoluta salutata positivamente sia da destra, come era ampiamente prevedibile, che da sinistra, dove non sono mancate per la verità le felicitazioni nel vedere, perla prima volta nella storia repubblicana, una mamma alla guida del Paese. Una prima volta che per quanto attesa, visto il risultato delle urne, ha mandato per qualche ora in tilt il cerimoniale di Palazzo Chigi, aprendo dispute lessicali, giornalistiche e ideologiche sulla corretta declinazione da adottare per appellarsi al successore di Mario Draghi. Un dibattito derubricato immediatamente da una nota a firma del segretario generale di Palazzo Chigi che ha chiarito come l'appellativo da utilizzare fosse unicamente quello di «il Presidente del Consiglio dei Ministri, Onorevole Meloni». Solo che mentre Giorgia Meloni si preparava a far suonare la campanella nella sala del Consiglio dei Ministri, sulle cui pareti è possibile ammirare i due arazzi seicenteschi raffiguranti le storie della vita di Alessandro Magno, altre leader o, come lo riscrive Tonia Cartolano titolando anche il suo recente libro, altre «leadhers» (Santelli, 2022) si sono prese tutta la scena, che un tempo era quasi sempre dominata dalla presenza maschile.

 

  

 

È il caso di Licia Ronzulli, la quale dopo il mancato ingresso nella squadra di governo fortemente osteggiato da Fratelli d'Italia e il ripiego come capogruppo di Forza Italia a Palazzo Madama, è già calata nel ruolo di interprete principale per dare voce al controcanto rispetto alla narrazione meloniana. E le prime interviste vanno precisamente in quella direzione. Un tempo, come detto, anche questa parte era appannaggio degli uomini. Del resto, tutti ricordiamo i continui distinguo, negli anni del PdL, portati da Gianfranco Fini, all'epoca Presidente della Camera, verso le scelte di Silvio Berlusconi che presiedeva il Consiglio dei Ministri. Così come, per fare un ulteriore passo all'indietro, come non rammentare i logoramenti di un altro Presidente, Fausto Bertinotti, che dallo scranno più alto di Montecitorio lanciava bordate quotidiane nei confronti di Romano Prodi, all'epoca anch'egli a Palazzo Chigi. Al pari, è ancora vivido nella nostra memoria il celeberrimo «Enrico stai sereno» proferito da Matteo Renzi, da segretario del Partito Democratico, per avvisare ipocritamente Enrico Letta del suo imminente sfratto da capo del governo. Insomma, quella del controcanto interno alle maggioranze parlamentari è una storia lunga e densa anche di aneddoti spassosi, ma soprattutto segnata da un dualismo tutto al maschile. Una storia che oggi si interrompe con l'alleanza armata siglata dalla Ronzulli con la Meloni.

 

 

Ma che questa sia la legislatura della rivincita delle pari opportunità è confermato anche allargando lo sguardo a quanto accade nelle altre forze politiche e alle donne che ne segneranno il cammino nei prossimi anni. Tanto che se «fino a ora - come ha dichiarato Tonia Cartolano giornalista di SkyTg24 - ci siamo quasi meravigliati e scandalizzati di quelle donne che arrivavano in posizioni di responsabilità, oggi per fortuna tutto questo diventa meno notizia». Il Partito Democratico, sempre per restare nel novero delle prime volte, ha eletto alla guida dei gruppi parlamentari della Camera e del Senato Debora Serracchiani e Simona Malpezzi. Una rivoluzione rispetto al passato dem, in parte forzata anche dalla necessità di dare un segnale alla propria comunità prima dell'insediamento della Meloni a Palazzo Chigi, che irrobustisce il peso e la caratura femminile di questa legislatura.

Accanto alle due capogruppo, sempre per restare in casa dem, si sta prendendo uno suo spazio sempre più ampio di consenso e visibilità in particolare nella contrapposizione al presidente del Consiglio in carica, c'è un'altra donna ovvero la neo deputata emiliana Elly Schlein. L'ex vicepresidente dell'Emilia Romagna già durante la campagna elettorale aveva attaccato frontalmente la Meloni sul tema del femminismo, facendo il verso a uno dei suoi discorsi più famosi: «Sono una donna, amo un'altra donna, non sono una madre, ma non per questo sono meno donna». A completare il quadro, però, ci sono altre parlamentari che potranno avere un ruolo affatto secondario in questa legislatura. Si comincia con Raffaella Paita, capogruppo del terzo polo alla Camera, c'è poi Barbara Floridia scelta per capitanare la pattuglia dei ventotto senatori del Movimento 5 Stelle a trazione Conte e la senatrice Mariastella Gelmini, scelta da Carlo Calenda per ricoprire l'incarico di vicesegretario e portavoce nazionale di Azione.