dopo lo strappo

Nuovo governo, incontro per la pace tra Giorgia Meloni e Berlusconi

Daniele Di Mario

Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi tornano a parlarsi. I due leader si sentono telefonicamente e si accordano per vedersi oggi nella sede di Fratelli d'Italia di via della Scrofa. Il disgelo riporta il sereno nella coalizione e spiana la strada alla nascita del nuovo governo di centrodestra, perché difficilmente oggi Meloni e Berlusconi non troveranno un'intesa. Il lavoro dei pontieri ha prodotto i risultati sperati, con entrambi i leader disposti a un passo indietro. Dopo la frattura sulla diserzione di Forza Italia nel voto sulla presidenza del Senato che ha portato all'elezione di Ignazio La Russa la situazione era precipitata.

  

A complicare le cose anche gli appunti di Berlusconi, in cui il Cav giudicava il presidente di FdI «supponente, prepotente, arrogante e offensiva» aggiungendo: «Giorgia è una che non ha disponibilità ai cambiamenti. È una con cui non si può andare d'accordo». Parole scritte su carta intestata «Villa Grande» - il foglio deposto sullo scranno a Palazzo Madama e catturato da fotografi e telecamere - e mai smentite dal Cav. Tanto da provocare la reazione di Meloni: «Mancava un punto: non sono ricattabile». Solo ieri il senatore di FI Mario Occhiuto ha chiarito che le parole contenute negli appunti del Cav «non erano le considerazioni» di Berlusconi sul leader di FdI, ma «le nostre riflessioni» annotate dall'ex premier durante la riunione con i senatori forzisti di giovedì mattina.

Per due giorni i due leader non si sono né visti né sentiti. Nessun contatto tra loro. A cercare di ricucire la ferita ci stavano pensando gli sherpa, con Meloni pronta a dare segnali rassicuranti. Forza Italia - l'assicurazione del presidente FdI - sarà degnamente rappresentata nel nuovo governo di centrodestra, la delegazione azzurra verrà suggerita da Berlusconi a patto però che le indicazioni siano all'altezza di quel governo «di alto profilo» in grado di dare risposte immediate alle esigenze del Paese. Meloni vuole ricucire, evitando prove di forza è stato il messaggio recapitato ad Arcore. Dove ieri è andato in scena un pranzo con Berlusconi, i suoi più stretti familiari e i più stretti collaboratori. Tutti - i figli Pier Silvio e Marina, Gianni Letta e Fedele Confalonieri - hanno suggerito al presidente di Forza Italia di evitare strappi e trovare un accordo con Meloni. Impossibile e impensabile non far nascere il governo, il ragionamento. Altrettanto assurdo andare divisi alle consultazioni al Quirinale: sarebbero assurde altre prove di forza, che Meloni ha sempre escluso, ma che FI ha messo in atto in Senato, esponendo il Cav e FI a una debacle parlamentare, una figuraccia resa ancora più evidente non solo dall'esito del voto ma anche dall'elezione del leghista Fontana il giorno dopo alla presidenza della Camera.

Lo strappo del Senato ha inoltre spaccato il partito accelerando la resa dei conti tra l'ala moderata vicina ad Antonio Tajani e i falchi di Licia Ronzulli, sconfitta nella partita interna a FI. Alla fine passa la linea di Letta (terminale dei pontieri di FdI), Confalonieri e dei figli di Berlusconi (ai quali Meloni si era appellata assicurando la propria disponibilità a ricomporre la vertenza), con i moderati di FI soddisfatti per la scelta della via della mediazione che potrà portare a un accordo soddisfacente sul governo. Certo, i nodi da sciogliere non mancano.

Se agli Esteri dovrebbe ormai essere certo Antonio Tajani, Berlusconi insiste su Giustizia e Sviluppo economico, dove Meloni invece vorrebbe Carlo Nordio e Guido Crosetto, sia per competenza che per opportunità politica. Se i ronzulliani difficilmente troveranno posto nell'esecutivo, potrebbero invece far parte della squadra Annamaria Bernini ed Elisabetta Casellati.

Disponibilità sì, accordi al ribasso no. Meloni non vuole governicchi. Ed è disposta ad andare fino in fondo. «Sarà un percorso pieno di ostacoli, ma daremo il massimo. Senza mai arrenderci», scrive sui social. «Gli attacchi scomposti della sinistra negli ultimi giorni rappresentano un vero e proprio insulto ai cittadini che hanno scelto da chi essere rappresentati. Capisco che per questi esponenti possa sembrare quantomeno anomalo vedere dei partiti che hanno la possibilità di governare con l'appoggio degli italiani, (non ci sono abituati) ma che piaccia loro o meno, questa è la democrazia. Si mettano l'anima in pace: siamo qui per risollevare la nostra Nazione».