dopo l'elezione

Caso La Russa e crepe nel centrodestra. Qual è il piano dei gufi di sinistra

Christian Campigli

Una caduta di stile. Da entrambe le parti. Una distanza che potrebbe rivelarsi recuperabile. O, nella peggiore delle ipotesi, condizionare l'intera legislatura. Lo strappo di ieri, quando Forza Italia non ha votato per Ignazio La Russa come Presidente del Senato, ha creato una tensione altissima tra il partito di Silvio Berlusconi e Fratelli d'Italia. La forzatura del fondatore di Fininvest è naufragata miseramente, ma anche l'idea di Crosetto e soci di andare alla conta senza un accordo è apparsa come un pericoloso azzardo. Il casus belli, l'inserimento di Licia Ronzulli nella squadra del prossimo esecutivo, avversato in ogni modo possibile da Giorgia Meloni (che, secondo quanto riportato dal quotidiano "Il Foglio", si sarebbe spinta a dire “a costo di non fare il governo, non torno indietro”), sta provocando forti emozioni, gioie inattese ai gufi di sinistra. Quelli che, per intendersi, sono convinti e vanno cianciando da settimane che “questi dureranno al massimo sei mesi”.

 

  

 

 

Ma quali sono gli scenari possibili dopo l'incidente di ieri? Sostanzialmente due. Nella prima ipotesi, Licia Ronzulli diventerà Capogruppo al Senato. Una prospettiva che rischia di creare un costante ingolfamento del lavoro del governo. Soprattutto quando saranno in discussione norme sulla cui visione la distanza tra i due partiti è più netta. Se, al contrario, la senatrice milanese dovesse essere promossa a coordinatrice di Forza Italia, la sua incidenza diretta sui lavori parlamentari sarebbe meno quotidiana, meno pressante. Ovviamente, in entrambi gli scenari, sarà determinante la posizione e la valutazione finale di Silvio Berlusconi. Sono numerosi gli esponenti, sia di Forza Italia che di Fratelli d'Italia, che spingono per organizzare un incontro già nel prossimo fine settimana tra l'ex presidente del Milan e Giorgia Meloni. Perché, se c'è un aspetto che davvero gli elettori di centrodestra non tollerano, è assistere a litigi da saloon da parte dei propri rappresentanti. Troppi i problemi da risolvere, bollette in primis, per perdere tempo. E far alzare la voce, con assurde richieste di un esecutivo di unità nazionale guidato da Mario Draghi, a chi le elezioni le ha perse miseramente.