i soliti sospetti

Spaccatura sulle armi all'Ucraina. Il decreto passa, ma c'è il fuggi fuggi alla Camera

Carlo Solimene

Qualcuno ha ironizzato: «È l'effetto giovedì». Perché, da sempre, l'ultimo giorno settimanale di lavori parlamentari è tra i meno partecipati. Ma 155 assenti «ingiusticati» sono troppi anche considerando gli habitué del weekend lungo. E allora i sospetti si concentrano sul tema in discussione. Perché ieri a Montecitorio non si votava un decreto qualsiasi, ma quello che autorizza il governo italiano a spedire armi a Kiev e che ha già fatto registrare lacerazioni nei vari schieramenti. Alla fine, com' era scontato, il Dl UcrainA ha ottenuto il via libera a larga maggioranza: 367 sì, 25 no e 5 astenuti. Ma a far rumore, come detto, sono le assenze. Tra parlamentari in missione (78) e altri che hanno fatto perdere le proprie tracce, tutti i gruppi hanno fatto registrare «perdite» consistenti. I 5 stelle in Aula erano appena il 68% del totale, contro una media del gruppo (aggiornata al 17 febbraio scorso) dell'87,8. Male anche gli altri: il Pd con il 71% dei deputati a dispetto di una media dell'81,4, la Lega con il 59,4 contro l'oltre 85% abituale.

 

  

 

E così a mettere la faccia sul no sono rimasti in pochi. L'opposizione degli ex grillini di Alternativa, in primis: «Stiamo spedendo l'Italia in un confronto bellico, contravvenendo l'articolo 11 della Costituzione» ha detto, tra gli altri, Jessica Costanzo. Ma anche tra i partiti della maggioranza c'è chi è intervenuto in dissenso. La pentastellata Enrica Segneri, già contraria all'intervento di Zelensky alla Camera, ha votato no perché «non voglio legittimare una terza guerra mondiale». Mentre il forzista Matteo Dall'Osso ha rivendicato il diritto di «fare l'interesse del popolo italiano». Dai tabulati risultano i no anche di Gabriele Lorenzoni (M5s»), Veronica Giannone (Forza Italia) e Nicola Fratoianni (Sinistra italiana). Astenuti, in maggioranza, Nicola Grimaldi e Davide Serritella del M5s, Stefano Fassina di Leu, Erasmo Palazzotto del Pd e il renziano Gianfranco Librandi. Ha votato a favore invece l'ex presidente della Camera Laura Boldrini: «Ho ritenuto che nel Dl fossero di più le cose che condividevo, dagli aiuti agli ucraini all'accoglienza dei profughi - ha spiegato a Il Tempo - mentre ieri (mercoledì, ndr) mi ero astenuta sull'emendamento soppressivo dell'articolo che conteneva l'invio di armi».

 

 

Tra le misure previste nel Dl, oltre all'invio di armi (quali e in che modo sarà definito in successivi decreti interministeriali), anche i fondi alle imprese che esportano in Ucraina, Russia e Bielorussia, interventi finanziari a favore dei profughi e la possibilità per il ministero della Transizione ecologica di adottare misure preventive per «assicurare la sicurezza del sistema nazionale del gas naturale».