rilancio post-pandemia

Non basta la BCE, ai Paesi europei serve un coordinamento economico

Angelo De Mattia

È rimasto deluso sia chi, da un lato, si aspettava dalla riunione del Consiglio direttivo della Bce di giovedì scorso misure più nette per la riduzione degli acquisti di asset - un vero e proprio «tapering» - sia chi, invece, dall'altro lato, sperava che la fine a marzo del Programma di acquisti pandemico, Pepp, non fosse per il momento confermata. Non era facile, tuttavia, imboccare una strada con decisione, per cui ne è uscito un bilanciamento: il Pepp si concluderà a marzo, ma l'altro Programma di acquisti, l'App, sarà incrementato, rispettivamente a 40 e a 30 miliardi mensili nel secondo e terzo trimestre del 2022 dagli attuali 20 miliardi, per arrivare a quest' ultimo importo a partire da ottobre. Il Direttivo non ha toccato i tassi di interesse di riferimento che, quindi, restano invariati, mentre ha disciplinato il reinvestimento, per un non breve periodo, dei titoli rimborsati. La linea accomodante della politica monetaria resta confermata e a tal proposito la presidente Christine Lagarde ha messo in evidenza la necessità di flessibilità e di discrezionalità nell'azione della Banca centrale. La crescita nell'area, pur in fase di miglioramento, appare rallentare, mentre migliora il mercato del lavoro. L'aumento dei prezzi continua a essere causato dall'incremento dei costi dell'energia e dei beni alimentari nonché dalle strozzature, anche se in via di attenuazione, nelle catene di approvvigionamento dopo l'exploit della domanda conseguente a quella che inizialmente era stata vista come un'attenuazione della pandemia, e, per concludere, dalla fine, in Germania, del taglio dell'Iva.

 

  

 

Sono fattori che preoccupano, ma non come negli Usa in cui l'inflazione è arrivata a superare il 6 per cento ( a fronte del target della Federal Reserve pure esso del 2 per cento) per cui quest' ultima ha avviato con decisione la riduzione degli acquisti di titoli e ha programmato tre rialzi dei tassi nel prossimo anno e altri tre nel 2023. Anche la Banca d'Inghilterra, pure giovedì, ha annunciato l'aumento dei tassi ufficiali di interesse portandoli dallo 0,1 per cento allo 0,25. La situazione oggi degli Usa è diversa da quella del Vecchio Continente, innanzitutto per i fattori che costituiscono i punti di orientamento di una Banca centrale. Qualche altra Banca centrale ha, però, del pari aumentato i tassi di riferimento. Ci si chiede, tuttavia, se la Bce avrebbe potuto non confermare definitivamente la fine degli acquisti pandemici per il prossimo marzo, in considerazione della recrudescenza della pandemia e del sopravvenire della variante Omicron: sarebbe stato, al di là degli effetti pratici, un importante segnale, anche se non va sottovalutata la compensazione con l'aumento degli interventi dell'altro Fondo. D'altro canto, le decisioni del Direttivo sono state assunte ad ampia maggioranza, ma è chiaro che vi sarà stata una forte dialettica nella discussione con alcuni componenti che hanno votato contro e, probabilmente, sarebbero stati ancor più contrari a misure monetarie più accomodanti. Se questi sono, comunque, gli aspetti positivi, ma anche gli evidenti limiti delle decisioni della Banca centrale, allora bisogna riflettere sul fatto che il peso dell'azione antinflazionistica - pur essendo l'unico mandato della Bce ad assolvere il quale è finora riuscita solo parzialmente - deve ricadere anche sui Governi, unitamente, s' intende, al rilancio delle economie.

 

 

Ecco, dunque, l'esigenza di un coordinamento tra la politica monetaria e le politiche economiche e di finanza pubblica, nel rispetto delle reciproche autonomie. Sarebbe grave se dovesse ricomparire la tassa più iniqua, soprattutto per i redditi più bassi, cioè l'inflazione (consistente). Ma sarebbe ugualmente grave se, per combattere quest' ultima, il cui aumento neppure la Bce ritiene transitorio anche se ipotizza attenuazioni nel prossimo anno, si abbandonasse la spinta alla ripresa, soprattutto dai Paesi ad alto debito, come l'Italia. D'altro canto, l'azione di supplenza di fatto esercitata dalla Bce non può durare all'infinito. Ecco, allora, che l'accennato coordinamento dovrebbe interessare molto i Paesi in questione. Sarebbe opportuno, in particolare, che l'Italia formulasse un orientamento al riguardo. Del resto, non è, questo in carica, il Governo dei Migliori (o presunti tali)? Non è una prova per saggiare la credibilità, quella riconosciuta «per facta concludentia», in Europa?