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Italiano arrestato a Dubai senza un perché: l'imprenditore Andrea Costantino in carcere da marzo

Francesco Storace
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C’è qualcuno che si è accorto che l’Italia è presa a schiaffi dagli Emirati arabi? Non è che Luigi Di Maio sta combinando abbastanza casino da quelle parti? Perché nel frattempo da circa 100 giorni un cittadino italiano. È prigioniero nelle carceri di Abu Dhabi senza sapere perché? E alle domande di chiarimento, da laggiù rispondono «vi faremo sapere». Andrea Costantino, imprenditore milanese di 49 anni, con doppia residenza a Milano e Dubai per motivi di lavoro, dal 21 marzo è detenuto nel carcere Al Wathba di Abu Dhabi: ma nessuno gli ha notificato uno straccio di provvedimento per conoscere il motivo della cattura. E la sua compagna Stefania Giudice chiede aiuto per riportarlo a casa. C’era anche lei quel 21 marzo. O meglio, come racconta, stava in spiaggia con la loro bimba di tre anni quando la mandarono a chiamare dall’hotel dove alloggiava con il suo compagno.

«In stanza otto uomini, alcuni in tunica bianca, se lo stavano portando via. Una confusione enorme, cassetti svuotati, materassi rotti, scatole di medicine svuotate, ho pensato ad un sequestro di persona. Il tempo che lui mi dicesse dove che lo stavano portando via, davanti alla bimba che piangeva». Da quel giorno di inizio primavera, per la famiglia di Andrea Costantino è cominciato il dramma. Domande senza risposta. Il dubbio del sequestro di persona. La paura che lo ammazzassero. Il dubbio lo scioglie il consolato italiano, che solo il 20 aprile riesce a strappare il diritto a visitare il detenuto. È vivo. Un altro mese dopo, il 27 maggio, il primo, breve contatto telefonico con la famiglia. Poi poche altre telefonate, ma non si riesce mai a sapere perché sta in galera. Spiega l’avvocato Cinzia Fuggetti, penalista e conoscitrice profonda dei codici di quei Paesi: «In loco ci assiste un legale del luogo. Ma ad oggi ancora non gli hanno consentito di farsi nominare da Costantino».

Pazzesco, il diritto a difendersi naufraga in una cella in cui «risiede» con una decina di detenuti – alcuni con condanna definitiva – libanesi, yemeniti e chissà di quali altri paesi. Ma la Farnesina? «Per carità, sono disponibili», dice Stefania Giudice. Risultati zero, però. Nei mesi scorsi Di Maio ha visitato il Paese in incontri ufficiali, pare che abbia chiesto notizie sul nostro connazionale, gli hanno detto – pure loro – di stare sereno. «Sì, la Farnesina ha scritto più lettere, note ufficiali – dice la Fuggetti – ma quelli niente. Non ci rispondono proprio». All’Italia…

La penalista che assiste la famiglia Costantino ha appena scritto anche a Sergio Mattarella e a Mario Draghi. La speranza sta nell’autorevolezza del Capo dello Stato e del Presidente del Consiglio, perché un italiano ha il diritto a potersi difendere anche da quelle parti e soprattutto è inaccettabile che non si ritenga doveroso rispondere alle richieste del nostro Paese sulla sorte di Andrea Costantino.

L’Italia sa della vicenda di questo imprenditore che lavora da 12 anni a Dubai e che non ha mai avuto guai con la giustizia, grazie alla sua compagna. Perché le autorità di polizia si sono ben guardate dall’avvisare il nostro Paese che avevano arrestato un italiano. «Eppure lo prevede la Convenzione di Vienna che anche gli Emirati arabi hanno ratificato», ricorda la Fuggetti.

Ed è stata Stefania Giudice invece ad avvisare il consolato e l’ambasciata in loco che Costantino era stato prelevato in albergo. Altrimenti chissà dove avrebbero dovuto cercarlo. Poi i contatti con l’unità di crisi della Farnesina, i colloqui col direttore generale Vignali e il capo ufficio Branciforti, il 19 maggio e il 4 giugno. Senza esito, finora. È davvero ora che l’Italia prenda in mano decisamente il dossier per reclamare il diritto di sapere che diavolo imputano al nostro connazionale. Ci pensi Mattarella. Ci pensi Draghi. Di Maio non ce la fa

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