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Un giudice inguaia Conte. Mazzata M5s, le espulsioni non hanno valore

La peggiore delle ipotesi si è concretizzata. La Corte d’appello di Cagliari, dichiarando inammissibile il ricorso del M5S contro la nomina del curatore, l’avvocato Silvio De Murtas, di fatto stoppa il progetto di «rifondazione» del «neo-Movimento», copyright di Giuseppe Conte, che intanto continua a tessere la tela con il centrosinistra (sabato 15 maggio sarà all’assemblea di Articolo 1 con Enrico Letta e Roberto Speranza), facendo storcere più di un naso nelle truppe del partito che dovrebbe a breve guidare.

 

  

Dalle carte bollate, però, arriva il rischio più grande: l’imposizione del rispetto dello Statuto votato agli Stati Generali, che cancella la figura del capo politico per far spazio al Comitato direttivo, composto da 5 persone da scegliere tra candidati iscritti almeno alla data del 30 giugno 2020. In poche parole, tutti tranne l’ex premier. Tutto nasce dal ricorso presentato dalla consigliera regionale della Sardegna, Carla Cuccu, espulsa dai Cinquestelle su impulso del reggente, Vito Crimi. La portavoce, che nella vita di tutti i giorni fa l’avvocato, subodora immediatamente la puzza di bruciato e con i suoi legali, Lorenzo Borrè e Patrizio Rovelli, si rivolge alla magistratura, che riconosce la bontà dell’opposizione, basata su un assunto: il voto della base ha modificato le regole interne, ma senza una norma transitoria che accompagnasse il percorso di elezione del Comitato direttivo, che nel frattempo non è stato formato, dunque non esiste un rappresentante legale. E per questo ogni decisione, espulsione compresa, non ha valore. Per ovviare alla vacatio, il Tribunale cagliaritano ha nominato un curatore speciale, che ora, alla luce del secondo grado di giudizio, ha le carte in regola per muovere le file in casa Cinquestelle. 

 

Non per i vertici attuali, che provano a rintuzzare con due argomenti: dal Tribunale non arriva nessun «accertamento in via assoluta e definitiva circa la carenza di un rappresentante legale», ma soprattutto il provvedimento «ha una portata limitata e ben circoscritta» al caso di Cuccu. Una tesi che non convince Borrè e Rovelli: «La nota del Movimento 5 Stelle, che attualmente non ha un legale rappresentante, dunque non consente di attribuirla ad un organo rappresentativo, appare alquanto contraddittoria». Perché alla fine il M5S decide di presentare reclamo. In questa vicenda c’è anche un altro aspetto da non sottovalutare. Perché il pronunciamento potrebbe risultare un fattore importante per i ricorsi dei parlamentari espulsi per non aver votato la fiducia al governo Draghi. O almeno di quelli che hanno deciso di opporsi alla decisione, presentando ricorso agli organismi di autogoverno delle camere di appartenenza. Non solo, perché c’è ancora il nodo Rousseau da sciogliere.

 

Non a caso l’associazione entra nel dibattito con un lungo post sul «Blog delle stelle», in cui rivendica che la Corte d’Appello di Cagliari conferma «quanto diciamo da sempre, che ad oggi l’Associazione MoVimento 5 Stelle non ha alcun rappresentante legale politico». Questo, all’avviso del gruppo guidato da Davide Casaleggio, comporterebbe che «il nuovo Regolamento del trattamento economico degli eletti è illegittimo», oltre al fatto che «il M5S oggi non è in grado di esprimere alcuna volontà e chiunque decida di impegnare il Movimento rispetto a qualunque atto di ordinaria o straordinaria amministrazione, parla a titolo personale almeno fino a che non sarà eletta, con le modalità previste in Statuto».

E qui fischiano le orecchie proprio di Conte. Ma la parte clou è quando Rousseau ricorda che ogni votazione, da Statuto, va fatta sulla propria piattaforma. Ma «a causa della forte esposizione debitoria maturata» dai Cinquestelle «il personale è attualmente in cassa integrazione». Le notizie fanno velocemente il giro delle chat e dei cellulari dei parlamentari, che si sentono sempre più spaesati rispetto a un progetto che già stentava a decollare, ma che ora rischia di subire un pesante rallentamento.