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Salvini a Draghi: ecco le sei regioni che sono già da zona gialla

Francesco Storace

Che Matteo Salvini non voglia fare da spettatore nella lotta al Covid e nella battaglia per far ripartire l’economia si era capito. E ieri è andato a parlarne direttamente a Palazzo Chigi con il presidente del Consiglio Mario Draghi. In tre quarti d’ora di colloquio a tu per tu, il premier e il capo del primo partito italiano hanno parlato di riaperture delle, dei soldi da garantire a chi è stato penalizzato dalle chiusure, della campagna vaccinale e anche di immigrazione. Con i giornalisti, Salvini ha anche detto la sua, con una battuta, sulla polemica Copasir.
“Ma prima di tutto pensiamo agli italiani”, ha tenuto a precisare.

 

  

Per il leader della Lega, i dati già ora potrebbero consentire riaperture in almeno sei regioni e province autonome. Sono da zona gialla: Trentino, Alto Adige, Veneto, Umbria, Marche e Abruzzo. 

E Draghi che ne pensa? Lo ha detto nella conferenza stampa anche lui che “le riaperture sono la migliore forma di sostegno”.
“Chiediamo che i dati scientifici valgano sempre – afferma Salvini -  perché crediamo nella scienza. Se valgono i dati scientifici per le chiusure, la stessa scienza deve valere dove i dati migliorano, dalla chiusura si può tornare alla riapertura. Dove ci sono città oltre la soglia del rischio, cautela, prudenza e pazienza. Ma laddove ci sono parametri scientifici da zona gialla, una riapertura, sempre in base a soglie, distanze e cautele, deve essere calendarizzata, secondo noi, già dalla seconda metà di aprile”.

E Draghi ai giornalisti ha confermato che si possono riconsiderare le cose prima del 30 aprile.

 

Quattrini? Salvini afferma che “serve uno scostamento immediato di almeno 50 miliardi, per far respirare finalmente le aziende”. Già, sennò come eviti i licenziamenti, perché non si può andare avanti in eterno col blocco per legge. E il premier ha parlato con i giornalisti di un prossimo decreto ben più consistente in materia di sostegni rispetto a quanto erogato in passato.
Poi, i vaccini. La necessità vera è quella di uscire da “queste regole infernali che non ti consentono di acquistarli direttamente se non passi per una Ue che ha fallito”, si accalora il leader della Lega: “Le istituzione europee si stanno dimostrando vecchie, non al passo coi tempi, non all’altezza dell’emergenza che stiamo vivendo”. E anche qui le opinioni coincidono con quelle del premier.

Che ai giornalisti ha aggiunto che è necessario che tutti facciano la loro parte: “Il rischio di decesso è massimo per coloro che hanno più di 75 anni, quindi bisogna vaccinare prioritariamente i più anziani. Figliuolo uscirà con una direttiva sulle regioni, smettetela di vaccinare chi ha meno di 60 anni, i giovani, i ragazzi, psicologi di 35 anni”. E questo potrà rappresentare il cambio di passo auspicato sin dall’inizio da Salvini.

 

Nel colloquio di Palazzo Chigi si è parlato anche di immigrazione: “Con il presidente Draghi ne ho parlato perché i dati dei primi tre mesi di quest’anno non sono accettabili. C’è stata una moltiplicazione degli sbarchi. Se si chiedono sacrifici agli italiani, se si controllano, sorvegliano e multano gli italiani non è accettabile che ci siano migliaia di sbarchi irregolari che sono un problema anche sanitario, oltre che economico”. E Salvini ha avuto anche modo di apprezzare “Draghi per la sua missione in Libia. Ho visto che si è arrabbiato Saviano. Se si arrabbia Saviano vuol dire che Draghi ha fatto bene a ringraziare le autorità e la guardia costiera libiche per le operazioni di salvataggio e di controllo delle frontiere: l’obiettivo della Lega al governo è tornare a controllare chi entra e chi esce da questo Paese”.
Infine, sul Copasir. Salvini non ne ha parlato con Draghi e ha risposto al tema posto da Giorgia Meloni sulla presidenza dell’organo di controllo parlamentare sui servizi, di concordare con la soluzione proposta dal presidente in carica, Raffaele Volpi: “Si azzeri tutto, con le dimissioni di tutti. Non facciamo questione di poltrone”.