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La sfuriata di Nicola Morra per far vaccinare i parenti. Figuraccia a 5Stelle

Francesco Storace
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Diciamo la verità, senza Nicola Morra la vita dei giornalisti sarebbe davvero triste. Perché c’è sempre il presidente della commissione antimafia a movimentare le giornate, ad alimentare le rotative, ad eccitare le vocazioni anticasta. Crede di essere un eroe, si trasforma facilmente in bersaglio delle ire popolari.

Perché ciò che ha combinato presso la Asl di Cosenza merita gli annali. «Lei non sa chi devo vaccinare io», la faccia di Morra aveva grosso modo impressa questa frase. Che pronunciata da chi "combatte" contro la mafia non è esattamente di quelle raccomandabili.

Arrabbiatissimo perché i parenti della moglie non erano ancora stati vaccinati contro il Covid-19. E chissà se si sarebbe arrabbiato in quella maniera se i parenti fossero stati di altri.

Fuori dalla grazia di Dio perché non era riuscito a prenotare i sieri per via telefonica. A Palazzo San Macuto, sede dell’antimafia, non era arrivata la voce che adesso esistono le piattaforme informatiche. Per carità: se un anziano che vive solo non sa usare il computer, ci può stare che chieda di poter telefonare. Ma se c’è il parente senatore, ci può pensare lui (a prenotare) senza mettere a soqquadro una struttura sanitaria.

Perché è quello che è successo. Di buon mattino, Morra si è presentato con tanto di scorta negli uffici del dipartimento di prevenzione dell’Asp di Cosenza, nel complesso di Serra Spiga. Qui ha sede anche la centrale operativa territoriale.

Le testimonianze, per stare al linguaggio caro del presidente dell’antimafia, sono gravi, precise, concordanti.

Lui si è messo a sbraitare e a qualcuno dei presenti – ma qui siamo nel campo dei si dice – sarebbero stati chiesti i documenti dalla sua scorta. E il capo della task force tentava di spiegare al nervosissimo presidente che cosa significasse piattaforma informatica. Che poi, per uno abituato a pane e Rousseau, dovrebbe essere pane quotidiano. Niente da fare, al punto che il dirigente della struttura, Carlo Marino, lo ha prima invitato a sedersi al suo posto e poi si è sentito male.

Noncurante, Nicola Morra ha preso il telefono – quello lo sa usare – e si è messo a chiamare mezzo mondo. A cominciare dal malcapitato sottosegretario Pierpaolo Sileri, investito da una furia che sapeva più di dialetto stretto cosentino che da professore di filosofia. Lezioni che poi sono proseguite col commissario ad acta della regione Calabria Guido Longo e col commissario dell’Azienda Sanitaria di Cosenza Vincenzo La Regina.

Tutto questo, ovviamente, non è servito per vaccinare i parenti della moglie del senatore Morra, ma semplicemente per intimidire chi lavora contro il Covid-19 al servizio di tutti e non di uno solo.

Anche perché viene il dubbio principale. Morra non è andato lì per verificare il funzionamento o meno della macchina sanitaria, ma per i parenti della moglie. E ci si chiede se ci sarebbe andato lo stesso per persone non legate a lui da parentela.

Vorremmo sapere se è vero che la sua scorta si è messa a chiedere documenti alle persone nella struttura. Perché se fosse vero sarebbe gravissimo e meriterebbe una richiesta di spiegazioni dalla catena di comando ministeriale.

Di più: le telefonate a mezzo mondo appaiono un atto di isteria che francamente non sta bene nel bel mezzo di una pandemia come quella che è in corso.

Ovviamente abbiamo cercato il senatore Morra: prima attraverso Messenger. Che ci ha rimandato automaticamente al suo indirizzo mail. E poi appunto per posta elettronica. La sua versione dei fatti non l’abbiamo potuta conoscere. Restano solo le testimonianze – anche di stampa locale – su un atteggiamento che definire increscioso e arrogante è davvero poco.

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