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Giorgia Meloni piace più di Matteo Salvini. E il leghista cambia strategia

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Carlantonio Solimene
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I sondaggi vanno presi con le molle, specie quelli che riguardano il tasso di «popolarità» dei vari leader politici. Eppure sono sempre analizzati con una certa attenzione nelle varie segreterie. Perché consegnano tendenze che è sbagliato sottovalutare. E nel centrodestra, da molte settimane a questa parte, la tendenza è quella di una costante ascesa di Fratelli d'Italia e, soprattutto, della sua leader Giorgia Meloni. C'è, in particolare, un sondaggio che ieri ha fatto discutere il mondo politico. Ed è quello reso noto da Emg Acqua. Che, oltre a fotografare intenzioni di voto pressoché stabili - per quanto riguarda il centrodestra, con la Lega ormai sotto al 30%, Fratelli d'Italia stabilmente sopra il 10, Forza Italia al 6 - ha fornito un altro dato piuttosto interessante. Per il 38% degli intervistati, infatti, Giorgia Meloni sarebbe la leader più adatta a guidare il centrodestra, distanziando di ben 10 punti Matteo Salvini. La tendenza è interessante perché, al contrario, se la domanda viene rivolta ai soli elettori di centrodestra, il leader della Lega è saldamente in testa con il 55%, contro il 38 della Meloni. Vuol dire che la presidente di Fd'I recupera il gap e sopravanza l'ex capo del Viminale soprattutto tra chi non si dichiara elettore di centrodestra. E questo, in prospettiva, significa che è potenzialmente più in grado di Salvini di recuperare consensi al di fuori del perimetro della coalizione. Probabilmente perché, negli ultimi tempi, le sue scelte comunicative sono apparse più «moderate» e meno schizofreniche di quelle del cugino «sovranista».  due - Salvini e Meloni - ribadiscono appena possibile - con tanto di sorridenti selfie di coppia - che non c'è nessuna rivalità. Eppure i sismografi qualche scossetta la registrano, soprattutto a causa di un accordo per le candidature alle Regionali che il leader della Lega ha deciso di rimettere in discussione. I beninformati spiegano che i nomi dei governatori sono solo «parte» di una trattativa più ampia, che comprende pure le presidenze del Garante della privacy e di Agcom. Salvini insiste sulla necessità di avere candidati senza «tessere di partito». Gli alleati si impuntano su Raffaele Fitto (Fdi) in Puglia e Stefano Caldoro (FI) in Campania, ricordando di aver digerito la leghista Lucia Borgonzoni in Emilia Romagna pur non essendone entusiasti. In mezzo, per l'appunto, ci sono i sondaggi. Che, probabilmente, in questa fase contribuiscono a irrigidire le posizioni. Come se il proporzionale fosse già legge e il primo nemico non fosse chi sta dall'altra parte del campo. Ma il «vicino di casa».

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