«Via il vilipendio o mi faccio carcerare»
Il 21 ottobre la sentenza sul caso che vede contrapposti Storace e Napolitano L'appello del leader de La Destra: «È una norma antidemocratica, sia abolita»
Nel Paese dei toni accesi, delle polemiche urlate, dei «Vaffa» dei leader di partito sulle prime pagine dei giornali, c'è chi rischia la galera per aver definito «indegno» il Presidente della Repubblica. È Francesco Storace, leader de La Destra, che il prossimo 21 ottobre saprà dalla Procura di Roma se dovrà scontare da 1 a 5 anni di carcere per «vilipendio», ai sensi dell'art. 278 del Codice Penale. Parliamoci chiaro: molto probabilmente, anche in caso di condanna, l'ex Ministro della Salute non passerà un minuto a Regina Coeli. Ma da capo d'accusa, per lui che ha superato indenne anche il presunto scandalo del LazioGate, quella contro il reato di vilipendio potrebbe diventare una sorta di crociata. «È per questo che, già dal primo grado - spiega Storace - chiederò di essere tradotto in carcere. Forse l'opinione pubblica se ne accorgerà, e magari scoprirà che ci sono politici che non prendono mazzette e in galera ci vanno davvero». I fatti. Nel 2009, nel pieno di una polemica politica sui senatori a vita, un giovane militante «a caccia di visibilità» promise alla compianta Rita Levi Montalcini di farle recapitare stampelle e pannoloni; la frase venne ricondotta direttamente a Storace, scatenando le ire del Capo dello Stato, che lo definì «indegno». A quel punto, l'allora senatore gli rispose con la stessa definizione: nonostante i chiarimenti fra i due, il Ministro della Giustizia dell'epoca, Clemente Mastella, decise di avviare il procedimento penale che, a differenza della querela di parte, si produce d'ufficio. «Esiste l'immunità per qualsiasi cosa - continua Storace - non capisco perché non sia possibile criticare il Presidente della Repubblica. Che, se si sente diffamato, può ovviamente querelare e, magari, avere un canale preferenziale. Credo che questa norma, così com'è, non sia democratica. Ed è per questo che voglio portare avanti una battaglia, anche rischiando di andare in carcere». Tra l'altro Storace denuncia anche una disparità di trattamento. Si riferisce all'indagine, sempre per vilipendio, in corso nei confronti di Giorgio Sorial, che ha dato del «boia» a Napolitano. «Ma in questo caso, il Guardasigilli Andrea Orlando - fa notare l'ex Governatore - si guarda bene dal procedere. E a pagare sono solo alcuni». Finora, gli organi costituzionali sono intervenuti una sola volta per abolire questa legge definita «borbonica»: è il caso di Maurizio Gasparri, che presentò un disegno di legge ad hoc. Che si perse però nella burocrazia parlamentare. «Bisogna cancellare dal codice penale quel reato - ha scritto Storace sul suo Giornale d'Italia - e magari offrire al capo dello Stato una procedura accelerata in caso di querela. Si restituirebbe al presidente della Repubblica l'immagine di primo cittadino della Nazione; l'inerzia lo rende un privilegiato. Se ci crede davvero, Napolitano agisca e ripeta al Parlamento di procedere, come ha già fatto, rimanendo inascoltato».
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