La solita ossessione contro il Cav
di Francesco Damato - Tutto secondo le previsioni. Anche quelle peggiori, purtroppo. Era ormai previsto, perché largamente preannunciato, il messaggio del presidente della Repubblica alle Camere...
Tutto secondo le previsioni. Anche quelle peggiori, purtroppo. Era ormai previsto, perché largamente preannunciato, il messaggio del presidente della Repubblica alle Camere - il primo del suo doppio mandato - per sollecitare amnistia e/o indulto di fronte alla disumana situazione dei penitenziari italiani cronicamente sovraffollati, ma anche per denunciare "distorsioni e omissioni della politica della giustizia", non solo della "politica carceraria". Altrettanto previsto era il no sguaiato dei menefreghisti grillini - come li ha giustamente definiti Giorgio Napolitano - e quello meno sguaiato o esplicito di partiti, partitini, correnti, uomini e omuncoli ossessionati dall'idea di volere apparire duri e puri in tema di lotta alla criminalità, come i leghisti, e/o di vederne beneficiare Silvio Berlusconi. Cioè "Quello lì", secondo la formula adottata con felice sarcasmo da Gian Marco Chiocci scrivendo appunto di amnistia e di giustizia già nei suoi primi giorni di direzione qui, a Il Tempo . Un'ossessione, quella contro Berlusconi, alla quale hanno finito per indulgere, volenti o nolenti, anche quegli esponenti del governo e della maggioranza affrettatisi a spiegare e garantire che l'ex premier non potrà trarre alcun vantaggio dall'intervento legislativo auspicato dal capo dello Stato per via del reato di frode fiscale costatogli una condanna definitiva. E in via di procurargli la decadenza dal Senato, salvo sorprese e ripensamenti a scrutinio segreto, cioè libero, quando il pre-verdetto della giunta delle elezioni e immunità approderà nell'aula di Palazzo Madama. Per placare le tante mani presumibilmente pulite e coscienze certamente sporche che affollano in Italia il campo del giustizialismo, e che si sono abituate a liberarsi degli avversari politici con l'aiuto di un potere giudiziario ordinariamente esondato, il governo o chiunque altro volesse o dovesse raccogliere con una legge il messaggio di ieri del presidente della Repubblica dovrebbe metterle in coda un articolo pressappoco di questo tenore: "Le presenti norme non si applicano a Silvio Berlusconi, nato a Milano il 29 settembre 1936". Una specie di "norma transitoria" come quella della Costituzione - la tredicesima - che ha a lungo negato a "membri e discendenti di Casa Savoia" di essere elettori e di ricoprire uffici pubblici né cariche elettive, e agli ex re, alle loro consorti e discendenti maschi di entrare e soggiornare in Italia. Chissà, con una disposizione del genere, magari proposta a sorpresa dallo stesso Berlusconi se gli dovesse capitare di evitare la decadenza dal Parlamento, potrebbe riuscire a passare una legge su amnistia e indulto per la quale occorre dal 1992 la difficilissima maggioranza parlamentare dei due terzi dei voti. "Due terzi - dice l'articolo 79 della Costituzione - dei componenti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale". Un'autentica follia compiuta ventuno anni fa dal Parlamento per riparare agli abusi del passato nel modo peggiore, condannando il sistema giudiziario e carcerario a incongruenze e abusi ancora più gravi. Una follia analoga a quella che l'anno dopo, intimidito dal consenso popolare che si guadagnavano a buon mercato certe Procure ghigliottinando con le accuse di corruzione e concussione anche tanti politici destinati ad essere poi assolti e addirittura neppure rinviati a giudizio, portò il Parlamento ad abolire a tamburo battente l'autorizzazione a procedere giudiziariamente contro deputati e senatori. Resta ora da verificare la generosa scommessa sullo "svelenimento del clima politico" che Napolitano ha dichiaratamente fatto mandando alle Camere il suo messaggio su amnistia e indulto all'indomani della rinnovata fiducia della maggioranza delle larghe intese al governo di Enrico Letta. Uno svelenimento che il presidente della Repubblica ha probabilmente visto confermato proprio ieri dalle notizie giuntegli in Polonia sulla rimozione, all'ultimo momento, della mina collocata sotto Palazzo Chigi dai deputati del Pd decisi a riaprire le ostilità contro il Pdl per l'applicazione dell'Imu sulla prima casa. Il clima purtroppo resta sotto molti aspetti tossico, e non tanto per le tensioni che hanno portato il Pdl nei giorni scorsi sull'orlo di una scissione quanto per la spietata concorrenza congressuale fra le correnti nel Pd. Dove Matteo Renzi, per esempio, cerca di nascondere sotto fatui slogan la voglia che ha di scalzare prima il segretario del partito e subito dopo il presidente del Consiglio.
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