Spy story e scandali, l'altra Telecom
Dalla farsa in Serbia ai dossier-Sismi passando per il calcio e l'affaire Brasile Tutte le inchieste giudiziarie che hanno distrutto l'immagine del gruppo
Tangenti miliardarie, dossieraggi, truffe con carte sim «fantasma», acquisizioni sospette di azioni di compagnie di telecomunicazioni straniere. Negli anni la Telecom tricolore è stata coinvolta in una lunga serie di inchieste che non hanno risparmiato presidenti, dirigenti, impiegati e responsabili della sicurezza. Alcune si sono risolte in un buco nell'acqua o con la richiesta di archiviazione. Altre hanno portato a condanne, com'è avvenuto a luglio all'ex presidente Marco Tronchetti Provera. All'estero i casi più noti hanno (o avrebbero, il condizionale è d'obbligo) avuto come teatro la Serbia, il Brasile e l'Argentina e via discorrendo. Uno dei casi più spinosi riguarda l'affaire nell'ex Jugoslavia. Nel 1997 Telecom Italia, che all'epoca era controllata dal Tesoro, acquisì il 29% di Telekom Serbia a circa 878 miliardi di lire (453 milioni di euro). Nel 2001 Repubblica tirò fuori lo scandalo delle mazzette miliardarie e poi lo interruppe misteriosamente, al contrario del Giornale che lo cavalcò per mesi interi. A un certo punto si materializzò uno strano faccendiere, tale Igor Marini (poi condannato per calunnia a 10 anni) che buttò benzina sul fuoco raccontando di mazzette e tirando in ballo Prodi, Dini e Fassino (assolutamente estranei). Le accuse del testimone si rivelarono infondate ma le operazioni strampalate del governo italiano con l'ex padrone della Serbia, Milosevic, non sono state mai chiarite. La commissione parlamentare d'inchiesta istituita durante il secondo governo Berlusconi non presentò in Parlamento la relazione finale e, nel maggio 2005, il Gup torinese Gianfrotta archiviò con motivazioni dure l'indagine aperta nel 2001 sui vertici della nostrana Telecom del '97, cioè Tommasi Di Vignano e Gerarduzzi. Nel 2006 esplode lo scandalo dei dossier illegali. L'inchiesta è partita nel 2002 e si collegherà al Laziogate e alla vicenda brasiliana, che poi verrà stralciata. In manette finiscono l'ex numero due del Sismi Marco Mancini, l'ex direttore della Security di Telecom Giuliano Tavaroli e l'investigatore privato Emanuele Cipriani, titolare a Firenze dell'agenzia «Polis d'Istinto». Quest'ultimo avrebbe raccolto illecitamente per conto di Tavaroli una mole enorme di dossier su uomini politici, attori, giornalisti, calciatori come Vieri (ma anche l'arbitro Massimo De Santis). Anche Mancini avrebbe fornito a Cipriani preziose informazioni riservate in cambio di soldi. Nel 2007 in cella finiscono altre persone, fra le quali ex poliziotti e un ex agente Cia. Lo stesso anno si indaga sulla guerra per il controllo di Brasil Telecom, combattuta a colpi di spionaggio e controspionaggio internazionale e che vede nei guai l'agenzia investigativa Kroll. Il processo di primo grado si conclude il 13 febbraio scorso. Tavaroli patteggia meno di 5 anni. Sette suoi collaboratori vengono condannati. Condanne pure per Marco Bernardini(7 anni e emzzo), ex collaboratore del Sisde e in seguito detective privato in rapporti anche con Pirelli e Telecom e per Cipriani (5 anni). Nel luglio 2006 si toglie la vita Adamo Bove, responsabile della «Funzione security governance» di Telecom, che lavorava nello stesso settore di Tavaroli ed era indagato per violazione della privacy. Per i dossier fuorilegge il 29 maggio viene chiesto il rinvio a giudizio dell'ex ad Telecom Enrico Bondi e dell'ex capo del personale Roberto Maglione (tutti e due per falsa testimonianza) e il 17 luglio Tronchetti Provera è condannato a un anno e otto mesi (pena sospesa) per ricettazione: sapeva dei dossier raccolti dai «suoi» quando era presidente. Nel 2004, è la ricostruzione del pm, ci fu una riunione tra Tavaroli, Tronchetti Provera e due avvocati, nella quale si fece il punto sul modo in cui erano state acquisite le informazioni. È lo stesso manager, per l'accusa, ad aver ammesso con alcune dichiarazioni le sue responsabilità. Tesi respinta dal numero uno di Pirelli. Nel 2007 nei guai finisce il fondatore ed ex ad di Fastweb Silvio Scaglia. È indagato per associazione a delinquere finalizzata all'evasione fiscale nell'inchiesta Fastweb-Telecom Italia Sparkle e accusato di falsa fatturazione di servizi telefonici e telematici inesistenti. Nel marzo 2011 il procuratore Capaldo apre un fascicolo su presunte pressioni in relazione all'acquisto di Telecom Argentina, consociata della Tlc italiana. L'indagine nasce da un bonifico internazionale di 5 milioni di dollari segnalato da Bankitalia alle Fiamme Gialle come sospetto. La vicenda, però, si sgonfia ad ottobre, quando la Telecom itliana passa dal 50 al 58% in Sofora, la holding che controlla la «sorella» argentina, senza vendere i suoi asset ma rinforzandoli. Il 20 dicembre 2012 la magistratura milanese chiede il processo per Telecom in relazione all'affare di mezzo milione di schede sim intestate a persone inesistenti o inconsapevoli, con un profitto illecito di quasi 130 milioni di euro. Quattordici impiegati sono indagati. Lo scorso agosto, infine, il consigliere del Cda telecom Elio Catania viene indagato a Roma per insider trading: avrebbe dato informazioni riservate a un giornalista e la pubblicazione del servizio, secondo il pm, avrebbe causato forti oscillazioni del titolo Telecom in borsa.
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