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A Pomezia il passato e il futuro della Procter e Gamble

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La multinazionale festeggia i 50 anni dall'apertura dello stabilimento a due passi da Roma L'amministratore Kahale: "Non ci fermiamo ma l'Italia deve darsi una mossa"

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In spregio al trend dei grandi player mondiali, cultori della delocalizzazione verso terre asiatiche, la multinazionale Procter & Gamble nuota controcorrente. La regina del largo consumo ha la sua sponda nel primo stabilimento inaugurato nello stivale: Pomezia, fiore all'occhiello della società che produce i detersivi Dash, Ariel, Ace, Bolt, e che oggi spegne cinquanta candeline d'anzianità. Brindando anche a un nuovo progetto: salpare l'ancora dalla stessa Pomezia, destinazione mezzo mondo, dal 2014 esportando prodotti verso il Nord Africa, l'Asia, l'America latina. «Pomezia serve già diciotto paesi, ma ora lo stabilimento più guardare un po' più in là: è stato infatti scelto dalla P&G in base ai suoi requisiti di eccellenza tecnologica e flessibilità produttiva per esportare nei mercati dei paesi emergenti, grazie a nuovi investimenti ammontanti a 3 milioni di euro», spiega Gianluca Branda, direttore dello stabilimento laziale. L'Italia, dunque, che già da sola è nella top ten dei mercati più importanti di Procter & Gamble per profitti, diventa trampolino per l'export verso paesi che secondo le previsioni demografiche presto conteranno due miliardi in più di popolazione. Investire in Italia, dunque, nonostante i venti a sfavore, con la crisi e il prodotto interno lordo nostrano previsto al -2 per cento, più tutte le difficoltà legate alla scarsa ospitalità italiana nei confronti dell'investitore straniero. A spiegare gli svantaggi del produrre da noi è Sami Kahale, presidente e amministratore delegato di Procter& Gamble Italia, che può parlare anche in quanto vicepresidente del Comitato Investitori Esteri: «Noi investitori incontriamo grane soprattutto a livello di complessità della regolamentazione: vorremmo meno regole, ma che siano certe, e una minore pressione fiscale sui costi del lavoro, una maggiore efficienza amministrativa e procedimenti giudiziari più svelti». Era il 1963 quando il colosso americano, nato nella prima metà dell'Ottocento dall'alleanza tra il candelaio inglese William Procter e il saponiere irlandese James Gamble, ha puntato il dito su Santa Palomba, località del sud di Roma per farvi il suo primo stabilimento italiano per eccellenza e il numero uno al mondo per la produzione di detersivi liquidi. Ora il gruppo ha sedi in 75 paesi, spende 2 miliardi annui in ricerca & sviluppo e vanta più di trecento grandi marchi (quaranta solo in Italia), più di centoventimila dipendenti. P&G è il primo investitore mondiale per pubblicità e nell'ultimo anno ha registrato un fatturato complessivo di 83 miliardi di dollari, di cui 2 miliardi solo in Italia, con previsioni positive per quest'anno (e questo nonostante il trend dei mercati di riferimento sia avviato verso i 4 punti di perdita). «Consumer is the boss» è il motto aziendale, in una struttura che pesca solo neolaureati per fargli fare esperienza e carriera presto, e che si sceglie i CEO tra i propri dipendenti. Produttore di gran parte delle cose che normalmente popolano le nostre case – Dash, Gillette, AZ, Pampers, Pantene, Oral-B, Wella, Gucci e Dolce & Gabbana Parfums, Ariel, Pringles e Duracell, Swiffer, Mastrolindo - la Procter & Gamble ha fatto la storia dell'economia americana (la classifica di Forbes agli inizi del ‘900 l'aveva inserita tra le cento aziende a stelle e strisce più floride: di quelle cento solo P&G e altre quattro imprese sopravvissero alla prova dei tempi), e soltanto nel nostro paese, s'è insinuata in ogni bagno e cestello di lavatrice, istallandosi anche a livello psicologico nella nostra mente con slogan pubblicitari indelebili («Dash: più bianco non si può», «Duracell: dura di più», «La polvere non dura perché Swiffer la cattura») in alcuni casi diventati veri e propri cult del nostro costume, come il popolarissimo testimonial Dash Paolo Ferrari. In futuro P&G vuole puntare sul canale farmacia, mentre in passato il gruppo ha anche prodotto per la televisione: come la celebre Sentieri, quelle quindicimila puntate di soap opera che finalmente rendono conto di quel «soap», perché dietro c'era davvero il sapone. Il cinquantenario in Italia lo ha festeggiato ad Ariccia nel barocco Palazzo Chigi, in cui tra l'altro è stato girato Il Gattopardo. Anche se il vicino stabilimento, guarda caso inaugurato proprio nello stesso anno d'uscita del film di Luchino Visconti, di gattopardesco ha ben poco, sempre a correre per innovarsi: 20 milioni sono l'investimento su Pomezia solo negli ultimi cinque anni. «Se vogliamo giocare da vincitori in Asia – spiega ancora l'amministratore delegato Sami Kahale – dobbiamo fare in fretta: questo paese racimola solo 18 milioni di dollari all'anno ai portafogli esteri, contro i 51 della Francia e i 97 della Gran Bretagna». «Il mondo va a tremila – dice ancora Kahale - e gli altri paesi europei stendono il tappeto rosso agli investitori stranieri: l'Italia deve sbrigarsi a fare altrettanto". 

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