Ragioniere generale dello Stato

Meloni, la pagella di Monorchio: “Promossa su Pnrr e Ue. Italia corretta e coraggiosa, parola di Ragioniere”

Alessio Gallicola

Se nel Paese delle istituzioni sbrindellate c’è ancora un esempio di civil servant, servitore dello Stato dedito alla cosa pubblica prima ancor che ai propri interessi personali e politici, è difficile non pensare ad Andrea Monorchio. Da Pertini a Mattarella, da Andreotti a Prodi, a ministri e parlamentari, tutti concordano nel sottolineare le qualità umane, prima ancora che tecniche, di un autentico caposaldo della finanza. Per 13 anni Ragioniere generale dello Stato, anche oggi che a 86 anni è fisicamente distante dai Palazzi conserva intatte competenza e lucidità per analizzare la conduzione della politica economica da parte del governo Meloni.

«Giudico corretta e coraggiosa la conduzione delle politiche di finanza pubblica da parte del governo. La premier non ha ceduto a facili demagogie ed è stata ferma e rigorosa nel rispettare i vincoli europei. Mi sembra, poi, funzioni molto bene il rapporto, l'asse quasi preferenziale ai fini della conduzione del governo, tra il presidente Giorgia Meloni e il ministro dell'economia Giancarlo Giorgetti. Quest'ultimo una figura di spessore dell'attuale governo che non spreca tante dichiarazioni pubbliche, ma si dedica con concretezza, serietà e rigore a mantenere stabili i cordoni della finanza pubblica. Sono poi molto soddisfatto per come funziona la Ragioneria Generale dello Stato - che è stata per quarant'anni la mia casa - che è ora nelle mani di una civil servant, seria preparata ed adusa ad approfondire con scrupolo le principali questioni economiche e finanziarie come Daria Perrotta. Credo, quindi, che non ci troviamo solo di fronte al fatto significativo di una prima donna al vertice della Ragioneria Generale dello Stato, ma di fronte ad un ottimo nuovo Ragioniere generale».

 



Siamo vicini alla scadenza del PNRR dopo due anni di proroga. Come le sembra che stia andando l'attuazione?
«Devo dire che inizialmente ero molto preoccupato perché conosco le capacità, ma anche i limiti delle nostre amministrazioni pubbliche. Pensiamo al fatto che le regioni, poi, sono tendenzialmente meno reattive delle amministrazioni centrali. Mi sembra però che l'attuazione sia andata molto meglio di quanto prevedibile. Qualcuno vanta, per comodità politica, qualche ritardo nella sua attuazione, ma mi sembra che i ritardi siano limitati di fronte alla difficoltà di implementare nuove politiche pubbliche complesse quali sono, in buona parte, quelle del PNRR. Mi sembra quindi un successo del governo e dell'Italia la conferma dell’aver fatto buon uso degli oltre 200 miliardi del PNRR».

L'amministrazione pubblica la ha in parte guidata e seguita per tantissimi anni e da tutti i punti di vista. Quali le sembrano i problemi più rilevanti dell'alta burocrazia e della PA in questa fase?
«Per quanto riguarda l’alta amministrazione e l'amministrazione in generale, siamo di fronte ad alcuni limiti che conosciamo da tempo. Ho sempre ritenuto, ad esempio, che sia stata una scelta sbagliata l’aver introdotto lo spoil system nelle amministrazioni pubbliche. Mi sembra però che il ministro della Funzione pubblica stia lavorando molto bene cercando di declinare quel valore del merito nella PA che la presidente Meloni ha lanciato sin dal suo discorso di insediamento alle Camere. Certo ci può essere qualche inciampo. Mi sembra, però, che le linee che sta seguendo l'attuale ministro, varando tante assunzioni in varie posizioni della PA, introducendo nuovi criteri di valutazione basati sul merito, siano interessanti e utili per il Paese».

 

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Nell'esercizio delle sue funzioni seguiva ogni anno per vari mesi le leggi finanziare e il bilancio dello Stato in Parlamento. Come vede oggi l'andamento del rapporto tra governo e Parlamento? E quali le sembrano i problemi e gli aspetti più significativi in questo ambito?
«Devo dire che prima da ispettore generale per vari anni, subito dopo da Ragioniere generale dello Stato, ho seguito in Parlamento tante manovre finanziarie. Allora mi sembrava che lo squilibrio fosse a favore del Parlamento che modificava, caricava, aumentava troppa spesa pubblica aggiuntiva nelle leggi finanziarie. Ci sono stati anni che vedevano l’Italia come il Paese in cui era più forte, ed anche eccessivo per certi aspetti, il ruolo e il peso del Parlamento nelle manovre finanziario. Mentre in altri Paesi sono di competenza sostanziale dell’esecutivo. Oggi forse invece siamo di fronte al fenomeno opposto. Per certi aspetti soffro un po' nel vedere una certa debolezza del Parlamento, dovuta anche al cambiamento della classe politica. Sostanzialmente però ritengo più giusto che il ruolo fondamentale nella definizione di politiche di finanza pubblica competa al governo. E mi pare che il riequilibrio che è avvenuto in questo senso durante il governo Meloni sia da salutare positivamente».

Se dovesse dare un suggerimento ai detentori della responsabilità della conduzione della vita economica per la fase ulteriore della vita di questo governo quale sarebbe?
«Credo che ci sia da fare un po' di fine tuning, come mi sembra stia avvenendo per il completamento del PNRR (che è un successo dell’Italia) su alcune questioni. Vedrei poi positivamente un coinvolgimento maggiore delle forze sociali. Ricordo che Carlo Azeglio Ciampi - della cui amicizia mi onoravo - varò un patto sociale accompagnato da forme di "politica dei redditi". Forse questo potrebbe aiutare anche per affrontare il problema dei salari, del lavoro povero, e favorire un aumento delle retribuzioni. Anche perché l’Italia è, da circa trent'anni, il Paese in cui meno sono cresciute le retribuzioni nei paesi OCSE. E ciò non può che incidere nella vita sociale del nostro Paese».