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Giuseppe Cruciani: "Accusano Meloni e poi...", l'ipocrisia di Canfora e Raimo

Luca De Lellis

È quel sottile ma indisponente “doppiopesismo” della sinistra che fa storcere il naso a Giuseppe Cruciani. Intervenuto sul caso della querela Meloni-Canfora e dell’educazione alla violenza esercitata dal docente Christian Raimo - durante il consueto appuntamento “Un tavolo per due” in coppia con Nicola Porro nella puntata di Quarta Repubblica su Rete 4 – il conduttore radiofonico ha criticato l’incoerenza e la disparità di trattamento da parte della sinistra in merito ai due casi in questione. Perché se da un lato in nome della difesa alla “libertà d’espressione” le associazioni sinistrorse si sono subito mobilitate a sostegno dell’intellettuale Luciano Canfora, colpevole di aver definito Giorgia Meloni (all’epoca ancora non a Palazzo Chigi) “neonazista nell’animo”, e quindi querelato dal Premier; sull’altro versante, al contrario, Cruciani ha riscontrato “un’ipocrisia” di fondo se messa in parallelo al caso Raimo, sul quale si è scatenato un boom di polemiche dopo la sua uscita poco felice per la quale i “neonazisti dovrebbero essere picchiati”, in riferimento alla questione della detenuta Ilaria Salis.

 

«Pensate se un intellettuale di destra se ne fosse uscito dicendo ‘bisogna menare le zecche rosse’, cosa gli sarebbe accaduto?» si chiede retoricamente Cruciani. «Probabilmente, oltre a essere definito fascista, sarebbe stato lapidato, avrebbero chiamato i carabinieri e si sarebbe chiesta l’estromissione dalla scuola». 

Ma riavvolgiamo il nastro per comprendere meglio quanto accaduto. Il prossimo 16 aprile si terrà l'udienza preliminare e il professor Canfora sarà difeso dall’avvocato Michele Laforgia, candidato alle prossime primarie come sindaco di Bari del centrosinistra, mentre il premier Meloni ha nominato come suo legale il sottosegretario Andrea Del Mastro. La vicenda risale al 12 aprile 2022 quando, nel corso di un incontro sul conflitto in Ucraina tenutosi nel liceo Fermi di Bari, Luciano Canfora, riferendosi a Meloni, disse che “siccome è una neonazista nell’animo si è subito schierata con i neonazisti ucraini, è diventata una statista molto importante ed è tutta contenta, naturalmente, di questo ruolo”. Da lì la querela della leader di FdI, che secondo il conduttore della trasmissione Nicola Porro e Cruciani poteva essere evitata, in primis perché per quest’ultimo «ormai c’è una mania italiana di ricorrere al Tribunale», e la seconda ragione per Porro è che «su questioni così ideologiche e politiche non conviene querelare», diversamente dalla circostanza in cui ti attribuiscono un fatto concreto falso. Cosa avrebbe dovuto fare allora Meloni? Rispondergli per le rime, «dicendo che uno che afferma una cosa del genere è un cretino», e chiudendola lì. 

 

Ma Cruciani affonda anche la propria lama verbale sulla doppia morale della sinistra: «La richiesta di essere clemente e di rinunciare alla querela viene dagli stessi che appena dici una parola fuori posto invocano i tribunali». Ergo, «c’è questa ipocrisia che mi fa girare vorticosamente». Anche perché è legittimo o no «che la Meloni sia arrabbiata se le danno della nipote del baffino (Hitler, ndr)?». Parola al giudice, il prossimo 16 aprile.