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Luca Palamara: "Cordate di potere tra magistrati e giornalisti", perché la sinistra tace su Perugia

Edoardo Sirignano
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«Alla P2 si sono sostituite cordate di potere composte da magistrati, ufficiali di polizia giudiziaria e giornalisti. Questa è la realtà con cui tutti si devono confrontare. Il silenzio della sinistra è imbarazzante». A dirlo l’ex presidente dell’Anm Luca Palamara (nella foto). Il dossier Capitale riguarda solo la destra? «Il dark web del Sistema è fatto di logge e lobby, luoghi dove le questioni si affrontano fuori non solo da occhi indiscreti, ma anche dalle regole. Il più noto di questi porta il nome di P2, la più famosa loggia segreta e deviata della massoneria. Quanto vediamo oggi ne è la continuazione».

Chi sono i veri mandanti dell’operazione “dossieraggio”?
«L’esperienza insegna che neppure la giustizia, per quanto punti i riflettori, riesca a fare a piena luce sul mondo invisibile del quale, a volte per scelta, altre in modo inconsapevole, fanno parte anche uomini che vestono la toga. Solo l’indagine di Perugia potrà svelare cosa si celava dietro l’attività di Pasquale Striano. Difficile pensare che il finanziere, finito al centro di un procedimento per accesso abusivo a banche dati informatiche, unitamente ad alcuni giornalisti del Domani e al magistrato Antonio Laudati, potesse agire solo per un proprio tornaconto. Dietro c’è sempre un mandante».

 

Che idea si è fatto rispetto al silenzio della sinistra?
«Lo definirei imbarazzo istituzionale, in considerazione del luogo in cui i fatti si sono verificati, la Procura Nazionale Antimafia tradizionalmente sempre vicina alla sinistra, e dei soggetti coinvolti, nessuno dei quali appartenente al Pd. Al contrario, la quasi totalità dei compulsati appartiene al centrodestra o a persone vicine a Giuseppe Conte. Spesso l’attuale opposizione politica, poi, ha cavalcato, senza adeguato vaglio critico, indagini che evocavano fantomatiche attività di dossieraggio per colpire i nemici di Berlusconi e organi di informazione pronti a parlare di una Repubblica fondata sul ricatto, come ad esempio fece Gherardo Colombo nell’intervista rilasciata a Giuseppe D’Avanzo per bloccare i lavori della bicamerale».

Siamo, dunque, di fronte a una nuova P2?
«In pochi ricordano che nessuno dei suoi mille affiliati, tra i quali anche 2 ministri e 5 sottosegretari, allora in carica, è stato condannato. Nel caso delle indagini svolte dalla Procura di Perugia, non si vuole condizionare solo il corso della democrazia, ma direi che c’è qualcosa di più rilevante: attraverso il parafulmine delle operazioni sospette si riesce a investigare sulla vita delle persone, addirittura coinvolgendo cantanti e soggetti estranei al mondo della politica, che nulla hanno a che vedere con le originarie finalità dell’istituto».

Gasparri parla di conflitto d’interessi all’interno della commissione Antimafia...
«Da circa un decennio chi cessa dalla carica di Procuratore nazionale antimafia viene assoldato dai partiti “non di destra”, quasi esistesse un debito di riconoscenza per la carica in precedenza ricoperta. Ha iniziato il Pd con Piero Grasso, all’epoca prescelto per creare una contrapposizione con Antonio Ingroia. Poi è toccato a Franco Roberti, candidato dai dem alle europee fino ad arrivare a Cafiero de Raho, eletto tra le file del M5S. Si sta verificando una linea di continuità tra chi assume la carica di Procuratore Nazionale Antimafia e la carriera politica, in barba al principio di separazione tra i poteri dello Stato».

 

Alla luce della nuova emergenza, quale la priorità per Nordio?
«Il quadro attuale determina la necessità di attivare gli uffici ispettivi per comprendere come e in che modo siano state distribuite le competenze all’interno della DNAA, negli anni interessati dalle indagini. In secondo luogo, è giunto il momento di ragionare con fermezza sulla distribuzione delle rispettive attribuzioni tra Procura nazionale antimafia e Procure distrettuali, soprattutto sull’attualità dello schema delineato da Giovanni Falcone. Questo è il compito di una politica che voglia guardare al sistema giustizia incrementando l’efficienza, ma anche il bilanciamento dei poteri e la difesa di un’indipendenza interna».

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