DiMartedì

DiMartedì, "chiamata alle armi". Da Giannini comizio anti-Meloni

Si apre con il comizio in Abruzzo tenuto da Giorgia Meloni la puntata del 5 marzo di DiMartedì, il talk show del martedì sera di La7 con Giovanni Floris alla conduzione. Ospite in studio è Massimo Giannini, editorialista di Repubblica, che va all’assalto del presidente del Consiglio: “Boia chi molla la conclusione del comizio è stata quella… Se possibile direi che rispetto all’ultimo comizio prima del voto in Sardegna è quasi peggiorata, la conclusione è stata una chiamata alle armi, ma si capisce il perché. Perché l’Abruzzo è la nuova Linea del Piave, soprattutto per Meloni, non tanto per le tre destre che governano, ma proprio per lei. Già la sconfitta, ancorché di poche migliaia di voti, è stata bruciante, perché come sappiamo in quella regione Meloni ha imposto il suo candidato contro la volontà degli altri due alleati e ha perso, quindi ha perso lei, ha perso due volte, la prima perché ha messo il suo candidato e la seconda perché ci ha messo la faccia fino all’ultimo e i sardi le hanno detto di no”.

 

 

“Se lo schema si ripetesse anche in Abruzzo, dove funzionano gli stessi meccanismi, con un’aggravante che lì c’è un presidente di regione che lavora in smart-working, di fatto è un suo camerata dei tempi di Colle Oppio, in Abruzzo ci va ma di base sta a Roma. Quindi è proprio un uomo suo. Se perde la Sardegna non è più un caso, ma diventa una tendenza”, il resto dell’analisi di Giannini.

 

 

Floris chiede conto al suo ospite dei toni usati da Meloni nell’appuntamento elettorale e anche qui l’ex numero uno de La Stampa non va tanto per il sottile: “Meloni è così, è la sua natura, dopo un anno e mezzo di governo nel quale avrebbe dovuto dimostrare che guida il Paese in nome e per conto di tutti gli italiani, non è più solo espressione di quel piccolo partito che lei, facendo un capolavoro, ha portato dal 3% al 26% in 5 anni. Non è riuscita. Continua a governare il Paese come se fosse leader dell’opposizione e quindi la sindrome è sempre la stessa. Il complotto, il vittimismo, i nemici che ci criminalizzano, la macchina del fango. Non – chiosa Giannini - si esce da questo schema, né a livello nazionale e né a livello locale”.