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Caso Balocco, Chiara Ferragni si scusa: cosa dice sui social

Alessio Buzzelli
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E così, dopo quattro giorni di baillamme politico mediatico di prim’ordine, Chiara Ferragni si è infine palesata – virtualmente, s’intende – e ha detto la sua su quello che per tutti è ormai diventato "il caso Balocco". Lo ha fatto, naturalmente, attraverso un video postato sui suoi canali social, rompendo così un silenzio che era diventato insostenibile un po’ per tutti, follower ed hater: «quello che voglio fare ora è chiedere scusa – ha detto una commossa Ferragni nel suo videomessaggio - e dare concretezza devolvendo un milione di euro al Regina Margherita per sostenere le cure dei bambini. Ma non basta. Lo voglio fare pubblicamente perché mi sono resa conto di aver commesso un errore di comunicazione, errore di cui farò tesoro in futuro, separando completamente qualsiasi attività di beneficenza, che ho sempre fatto e che continuerò a fare, dalle attività commerciali».

L’apparizione dell’influencer, che nel video ha faticato a trattenere le lacrime (o a farle uscire, come sostenuto dai più maligni), è apparsa a molti degli spettatori neutrali della vicenda come un atto di sincera contrizione per gli errori commessi e, di conseguenza, anche come una piena e nemmeno troppo velata ammissione di quanto gli è stato contestato dall’Antirust (ovvero «pratica commerciale scorretta», per aver dichiarato che la vendita dei pandori avrebbe sostenuto la ricerca sull’osteosarcoma e sul sarcoma di Ewing a favore dell’Ospedale Regina Margherita di Torino). E, forse, è davvero così: Chiara Ferragni ha capito di aver sbagliato («il mio errore, in buona fede, è stato legare con la comunicazione un’attività commerciale a una di solidarietà»), ha chiesto scusa e ha promesso che farà tesoro di quanto accaduto (pur ribadendo di voler «impugnare il provvedimento dell’Agcm perché lo ritengo sproporzionato e ingiusto»). Caso chiuso, dunque? Nemmeno per sogno. Perché l’eco che il pasticciaccio ha avuto nel nostro Paese ha trasceso i confini di un semplice contenzioso tra un’Autorità e una società commerciale, sconfinando in ben altri ambiti: culturali, sociologici e, infine, politici (l’affaire è stato citato anche dal Premier Meloni sul palco di Atreju due giorni fa). Nella serata di ieri, per dire di quanto il caso coinvolga ormai l’intera Nazione a tutti i livelli, è arrivata anche una nota della Regione Lombardia, in risposta alle dichiarazioni rilasciate da Fedez nei giorni scorsi sulle iniziative benefiche portate avanti dalla coppia per l’Ospedale in Fiera di Milano. La Regione nella sua nota ha voluto sottolineare quanto «importanti, meritevoli e utili siano state tutte le raccolte di donazioni, come quella organizzata dall’artista e da sua moglie Chiara Ferragni», aggiungendo però poi che «i posti letto di terapia intensiva che sono stati ricavati nella struttura realizzata grazie alle donazioni da loro raccolte erano 14 e non 150». L’enorme risonanza che sta avendo questa storia non deve stupire, e non solo perché ad essere coinvolta è una delle persone più famose d’Italia e al centro c’è un tema delicatissimo come la beneficenza, ma anche perché riguarda da vicino il pilastro della società occidentale contemporanea, ovvero l’immagine. In quest’epoca di sovraesposizione non c’è niente che valga di più, specie per chi d’immagine ci campa, e un danno d’immagine (come innegabilmente è stato quello del "caso Balocco") è quanto di peggio possa capitare oggi a chicchessia, figuriamoci a chi ha milioni di followers. Insomma, il mondo ti guarda come un esempio (e tu vuoi che lo faccia), ma in cambio tu devi essere perfetto. Di perfetto, però, non esiste niente e chiunque può sbagliare (anche la Ferragni, ci mancherebbe altro), solo che nell’epoca dell’immagine il perdono è un dono raro e tradire le aspettative può essere fatale. Ecco, "il caso Balocco" è esemplare proprio nel raccontarci questo: nessuno è perfetto, anche se ha promesso di esserlo.

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