il commento

Torre dei Conti, quel colpevole braccio di ferro durato venti anni

Susanna Novelli

Un collasso simbolico quello della storica Torre dei Conti attraverso il quale si possono cogliere pochissime luci e moltissime ombre di come l’immenso patrimonio artistico, architettonico, culturale della Città eterna sia ostaggio di protagonismi fini a se stessi. Quelli, per intenderci che per oltre venti anni hanno rimesso nel cassetto ogni qualsivoglia iniziativa, progetto, delibera e finanziamento volto alla riqualificazione dell’edificio del 1200 che segna il confine del rione Monti con i Fori Imperiali. Alla base un braccio di ferro senza sconti tra la sovrintendenza e il Campidoglio che dal 2006 è arrivato dritto al 2022, anno in cui grazie ai fondi del Pnrr si è trovata la quadra e dato il via (dopo quasi tre anni) ai lavori di riqualificazione.

 

 

Era infatti sotto la giunta guidata da Walter Veltroni che si provò a saltare l’ostacolo e proporre interventi di manutenzione e una destinazione d’uso in grado di ridare degna vita a quell’edificio centenario sopravvissuto persino alle demolizioni fasciste. Un tam tam di proposte, dalla biblioteca al museo e persino il Municipio I a dire la sua con il centro anziani, che si è ripetuta nel tempo, assessore dopo assessore, sindaco dopo sindaco. Decine le proposte di delibere e mozioni in Assemblea capitolina con l’oggetto: «Riqualificazione di largo Corrado Ricci - Torre dei Conti». Ma in venti anni quello che si è riuscito a fare si riduce alla rimozione del gabbiotto dei vigili - per anni rimasto imbrattato e con i vetri rotti - e alla realizzazione di un’aiuola sottostante con tanto di fontanella. Ai «no» della sovrintendenza capitolina si rispondeva con i «no» del Campidoglio alle controproposte avanzate.

 

 

Difficile oggi dire se la Torre dei Conti sia o meno recuperabile, certo è che venti anni di attesa sono troppi anche per una città come Roma che ha fatto della lussuria monumentale forse il suo vizio più dannoso, creando continue priorità, lasciando indietro di volta in volta gli interventi «meno vantaggiosi». Quelle scelte insomma del «male minore» che un giorno forse verranno spiegate meglio e comprese di più. Come la realizzazione di quella tratta della Linea C della metropolitana che proprio lì sotto passa. Ma se storia, memoria e magari qualche inchiesta un giorno faranno luce su scelte e ritardi, che almeno il crollo della Torre serva a velocizzare il conferimento dei poteri speciali al Campidoglio e con questi la definizione di competenze strategiche come quelle sull’immenso patrimonio monumentale. Se non altro a garanzia di quell’eternità che ha reso grande Roma.