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Serve un piano concreto contro l'islam radicale

Foto:  Unsplash

Souad Sbai
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Le agenzie di sicurezza europee lo ripetono da anni: la Fratellanza Musulmana è un movimento antidemocratico, che usa il linguaggio dei diritti per introdurre gradualmente l'islamismo radicale nelle società occidentali. Il Verfassungsschutz tedesco parla apertamente di “strategia di infiltrazione” e definisce l’antisemitismo parte integrante dell’ideologia. In Francia, un rapporto del ministero dell’Interno del 2025 descrive la tecnica dell’’entrismo": penetrare silenziosamente scuole, istituzioni locali e consigli comunali. In Spagna, il Real Instituto Elcano ha individuato collegamenti tra militanti della Fratellanza e la rete jihadista responsabile degli attentati di Madrid 2004. Queste informazioni dovrebbero aiutarci a non sottovalutare la presenza in Italia di personaggi che, a vario titolo e in sedi molteplici, inneggiano ad Hamas. Il ministro dell’Interno ha ribadito la linea del Viminale: chi fa apologia della violenza o giustifica crimini compiuti da milizie deve essere perseguito. In una recente manifestazione a Milano un intervento giudicato istigatorio ha portato la Questura a inviare alla Procura una comunicazione di notizia di reato e ad adottare misure di prevenzione; ulteriori provvedimenti sono al vaglio delle autorità. Ma il contrasto non può limitarsi ai singoli episodi.

Serve un piano organico di controlli, indagini e processi che colpiscano chi usa la libertà di parola per alimentare odio e violenza. Chi pensa che le manifestazioni pro-Pal siano il frutto spontaneo dell’indignazione popolare, si illude. Dietro bandiere, cori e lacrime si muove una macchina ben oliata: una rete islamista che da decenni lavora per radicarsi nel cuore dell’Europa e trasformare la fede in strumento politico. Quindi, sul piano europeo, serve un coordinamento più stretto per fermare la diffusione di reti ideologiche transnazionali e contrastare in modo deciso formazioni come i Fratelli Musulmani, non solo in Italia ma in tutta Europa, individuando e bloccando anche i canali di finanziamento che le sostengono. Tra le iniziative parlamentari figura una proposta di legge, già depositata alla Camera, che contempla la revoca della cittadinanza per chi venga condannato per reati di terrorismo o per atti di apologia. Potrebbe rappresentare uno strumento ulteriore per tutelare la sicurezza nazionale e i valori costituzionali. L’islamizzazione dal basso non è una teoria, bensì pratica quotidiana e difendere la libertà d’espressione non significa lasciar spazio all’istigazione e alla violenza. Per questo servono interventi giudiziari, amministrativi e legislativi coordinati a livello nazionale ed europeo.

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