l'editoriale

Ciò che non siamo, ciò che non vogliamo

Tommaso Cerno

Non voglio vivere in un'Italia dove ci sono ragazzi disagiati nel parco. Non voglio vivere in un'Italia dove quei ragazzi si affidano a Imam islamici che vogliono convertirli. Non voglio vivere in un'Italia dove un carabiniere in servizio è trattato dai giudici come un delinquente in fuga. Non voglio vivere in un'Italia dove una rom fa un figlio all'anno per poter rubare senza andare in galera. E non voglio vivere in un'Italia dove la magistratura fa le leggi con le sentenze anziché applicarle. Non so se queste affermazioni siano di destra o di sinistra e me ne frega molto poco. Perché non voglio vivere in un'Italia dove tutto è destra e sinistra, perfino il buonsenso.

 

Nessuno pensa che un immigrato debba perdere dignità o diritti umani ma ciò che vedo succedere è che in nome della parola integrazione che io riscriverei in «disintegrazione» chi ha perso più diritti in questo paese sono i pensionati, le famiglie monoreddito, gli operai, i precari, l'ossatura dell'Italia che non ce la fa più e che sente parlare solo di diversità. Come se quella parola fosse un valore in sé e non lo fosse invece il suo contrario: uguaglianza. Non voglio vivere in un'Italia dove le categorie di cui la sinistra aspira al voto sono più uguali degli altri.