il commento
Sinistra unita solo se si trova il “fascista” di turno. Sennò si disperde
Mentre la situazione internazionale impone alle classi dirigenti europee di togliere la testa dalla sabbia e fare finalmente i conti con la realtà, in Italia le opposizioni hanno capito che possono solo passare il tempo parlando male del governo e della maggioranza, perché se dalla critica passano alla proposta si trovano immediatamente frantumate come neanche nella peggiore riunione di condominio della storia si potrebbe immaginare. In particolare è il tema delle prospettive di tregua in Ucraina con ruolo attivo (quindi militare) dell’Europa a far implodere quella che vorrebbe (forse) essere una coalizione, ma che invece proprio non riesce ad esserlo, divisa com’è in almeno quattro posizioni tra loro inconciliabili.
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C’è infatti una linea lib-lab che guarda con favore ad investimenti nella difesa, che apprezza (non senza qualche distinguo) Macron, Starmer e von der Leyen, che chiede all’Europa di costruire una più solida alternativa all’America di Trump: qui c’è buona parte del Pd (molti di quelli che scelsero Bonaccini per la segreteria), ma ci sono anche Renzi, Calenda, i radicali. In polemica durissima con l’impostazione appena citata è però la segretaria del Pd Schlein, che vuole invece collocare il partito su una posizione difficile da afferrare (la parola pace è facile da usare, ma alla prova dei fatti ti scappa da tutte le parti, un po’ come il gelato in piena estate), ma che ha un obiettivo chiarissimo: dimostrare che quelli di cui sopra hanno torto.
Poi c’è la sinistra-sinistra, che la pensa tutto sommato come Schlein ma non vuole dirlo nemmeno in solitudine davanti allo specchio, quindi costruisce con Bonelli e Fratoianni un racconto alla Bartali («tutto sbagliato, tutto da rifare») che serve essenzialmente per dire una solo cosa: c’è vita a sinistra del Pd. Infine c’è il movimento di Conte (lasciamo stare le cinque stelle che sono archeologia), che fa un’operazione ancora diversa: critica Bruxelles a manetta, strizza l’occhio (senza dirlo) alle oggettive convergenze dell’asse Trump/Putin e cerca di raccogliere consensi negando ogni disponibilità a sostenere investimenti sulla difesa. Ora, diciamo la verità: se mettiamo a confronto le divisioni (che pure ci sono) del «rassemblement» Meloni con quelle delle opposizioni possiamo solo concludere che a destra sono dei dilettanti in materia di divergenze tra alleati (o potenziali tali). C’è però un punto su cui a sinistra tutti scattano come un sol uomo: quando devono trovare il «fascista» del giorno, quello (o quella) che viene buono per l’assalto polemico di giornata. Un po’ poco per pensare di governare insieme, mi sa.