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Vaccini anti-Covid, Paragone: solo annunci di tavoli e commissioni

Gianluigi Paragone
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Accadono strane cose attorno ai vaccini anti-Covid. L’ultima notizia è che AstraZeneca ha chiesto e ottenuto dall’Unione Europea il ritiro del suo vaccino prodotto. In poche parole Vaxzevria non può più essere utilizzato in Europa, e - da quel che si apprende - nel giro di breve termine sarà ritirato anche in Gran Bretagna e in altre nazioni dove è attualmente in uso. La motivazione è legata a un brusco calo di domanda e a una maggiore disponibilità di sieri per le nuove varianti. Nelle ultime settimane la stessa multinazionale, davanti a un giudice inglese dove si discuteva di risarcimenti per danni da vaccino, aveva ammesso che il suo può causare tra gli effetti collaterali anche trombosi mortali. Anche in altri tribunali sono aperte centinaia di azioni legali a seguito di danni permanenti, se non addirittura la morte del vaccinato. C’era nesso?

 

 

In Italia, per esempio, cinque persone sono indagate a seguito della morte di Camilla Canepa, 18 anni, avvenuta sedici giorni dopo la somministrazione avvenuta nell’ambito degli open day. La decisione di AstraZeneca arriva dopo un periodo turbolento sul fronte delle reazioni avverse, situazioni su cui in Italia si fatica ad aprire un dibattito sia a livello scientifico quanto a livello politico: siamo fermi agli annunci di commissioni di inchiesta e altro tipo di tavoli ad hoc. Ripeto, siamo solo agli annunci. O alla considerazione per cui i danneggiati da vaccino sono assolutamente minori rispetto alle vite salvate; da qui domando: allora se sono così pochi perché tanti problemi a risarcire il danno invece che quando va bene - il mero indennizzo? Nell’opinione pubblica qualcosa si sta muovendo. Nei giorni scorsi, infatti, sul Corriere della Sera la scrittrice Susanna Tamaro ha firmato due pagine molto dure e ben dettagliate sull’assenza di dibattito e sulla mancata riflessione circa gli effetti prodotti dalla «guerra civile» (come lei stessa ha definito quel periodo) scatenatasi durante la pandemia e la campagna vaccinale.

 

 

«Siete no vax», si liquida con imprecisione colossale: i danneggiati da vaccino non possono essere dei «no vax», mi sembra ovvio. A seguito di quello scritto, a parte le offese del solito Burioni, nulla si è mosso, come se l’Italia fosse ancora ingessata dalla paura di dire pubblicamente ciò che in privato non si fa più fatica ad ammettere, e cioè che troppi sono i casi di conoscenti danneggiati dalle dosi obbligatorie. E Pfizer? Possibile che solo AstraZeneca si sia mossa con una decisione tanto drastica? Su Pfizer va detto che le contestazioni non riguardano solo i danni da vaccino ma anche le ombre e i silenzi circa la negoziazione con la Commissione europea. Come mai sono spariti i messaggi tra la presidente Von Der Leyen e il ceo della multinazionale, Albert Bourla? Come mai tanta segretezza nonostante le richieste di accesso agli atti promosse sia dall’interno del parlamento europeo che da importanti giornali, tra cui il tedesco Bill e l’americano New York Times? E come mai per ben due volte l’amministratore delegato di Pfizer Bourla si rifiutò di essere audito in sede di parlamento europeo? Al momento non è dato sapere se nelle pieghe di tanta segretezza ci fossero questioni legate non soltanto alla quotazione delle dosi di vaccino (la cui vendita fece incassare profitti record) ma anche a possibili reazioni avverse; tuttavia è agli atti (ottobre 2022) la deposizione della responsabile commerciale di Pfizer Janine Small, davanti all’europarlamento per cui il loro vaccino anti-Covid, il più diffuso nel mondo occidentale, «non è stato testato per prevenire l’infezione», anche perché «nessuno ce lo ha chiesto» e comunque «non c’era tempo».

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