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Piano Mattei, relazione tra pari con l'Africa

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Annalisa Chirico
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Domani, in Senato, il premier Giorgia Meloni inaugurerà l'avvio della conferenza «Italia – Africa. Un ponte per la crescita comune». Alla due giorni parteciperanno i massimi vertici dell'Unione europea, da Ursula von der Leyen a Charles Michel, i capi di Stato e i premier africani, insieme a esponenti di vario livello delle principali agenzie internazionali che si lavorano di sviluppo nei Paesi emergenti e di migrazioni, tra cui l'Onu, la Banca mondiale, la Bei. L'obiettivo è chiaro: l'Italia intende porsi come capofila europea di un rapporto rinnovato con il continente africano. Del resto, ad oggi in Africa sono presenti la Cina e la Russia, l'Europa è la grande assente. Per l'Italia l'iniziativa si inserisce nella più ampia cornice del Piano Mattei, la grande scommessa del premier Meloni in politica estera: basta con un approccio predatorio (per intenderci, quello che ha reso la Francia un interlocutore a dir poco indigesto a numerosi Paesi africani). 

 

 

L'Italia, dalla sua, non ha un passato coloniale ingombrante, suscita minori diffidenze. Dall'Italia, dunque, parte l'impegno per un approccio nuovo al di là del Mediterraneo, fondato sulla cooperazione e sul reciproco interesse strategico, non sul pietismo né sulla carità. L'Africa ha molto da offrire un'Europa povera di risorse minerarie ma ricca di capacità tecnologica (secondo la Brookings Institution, l'Africa possiede il 30 per cento di tutte le risorse naturali e minerarie necessarie per la transizione energetica del pianeta); d'altro canto, il fenomeno dell'immigrazione illegale di massa dal Nord Africa può essere affrontato efficacemente soltanto con l'aiuto dei paesi di origine. «Prima del diritto a emigrare, va difeso il diritto a non emigrare», ha scandito il premier Meloni nella conferenza stampa di inizio anno. Un piano di investimenti e formazione per l'Africa può mettere i cittadini africani nelle condizioni di immaginare il proprio futuro nel territorio dove sono nati e cresciuti, e al quale sono legati per radici, tradizioni, cultura. 

 

 

Per non parlare della cooperazione strategica in chiave anti-jihadista: gli Stati Uniti hanno inviato di recente il segretario di Stato Blinken in missione in quei Paesi che fanno i conti con la piaga dei golpe militari e delle minacce islamiste. L'Europa può essere un alleato prezioso per la sicurezza del continente africano. Sulle colonne del Corriere della sera, Federico Rampini ha fatto notare che descrivere l'Africa come un'eterna vittima, inchiodata per sempre al passato coloniale, «è una nuova forma di sottile razzismo perché questo atteggiamento tratta gli africani - leader inclusi - come creatura deboli e indifesi, manovrate da altri». Giorgia Meloni sembra invece intenzionata a costruire una «relazione tra pari», fondata su un nuovo protagonismo italiano (ed europeo) al cospetto del partner africano. Le grandi idee devono poi tradursi in grandi opere, dalle parole dunque bisognerà passare all'azione, e in questo campo l'Italia, con l'Europa intera, si gioca una sfida decisiva per il futuro.

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