il commento

Meloni vola a Londra per contare di più in Europa

Alessandro Usai

Si sono ritrovati a metà novembre come due esordienti al G20 di Bali. Lei, primo premier donna alla guida del governo italiano. Lui, primo ministro di origine asiatica e religione induista a capo di quello inglese. Entrambi in carica da 3 settimane, poco più che 40enni, hanno subito legato, del resto appartengono all’Ecr, il gruppo dei conservatori europei. Giorgia Meloni tra poche ore busserà alla porta del numero 10 di Downing Street e si troverà davanti un interlocutore euro-atlantico di livello come Rishi Sunak. I dossier sul tavolo sono molti, dal sostegno all’Ucraina all’azione Nato, fino alla definizione dei nuovi assetti in Europa. Nel 2024 i conservatori sono pronti a giocarsi la partita insieme ai popolari per cambiare l’asse portante di Bruxelles, che oggi poggia sui socialisti. Non è un mistero che il premier stia lavorando a fondo per costruire un’alleanza politica che scardini l’attuale maggioranza Ursula e che possa cambiare la futura rotta della Commissione europea grazie al peso crescente di Ecr.

 

 

Fa sorridere quando, nei dibattiti tv e in quelli parlamentari, la sinistra ripeta come un mantra che Meloni sia legata solo a Ungheria e Polonia in un isolamento sovranista. Le alleanze soprattutto in Europa sono mutevoli, dipendono dai dossier che vengono affrontati. Può capitare così, ed è capitato, che l’Italia trovi sponda persino nell’Olanda del ruvido Rutte o nella Francia del ballerino Macron. È la politica, bellezza. Basta saperla fare. Poi c’è un perno su cui far ruotare i rispettivi interessi e quello dell’Ecr a guida Meloni si sta allargando anche grazie al lavoro quotidiano a Bruxelles di Nicola Procaccini e Carlo Fidanza. Non a caso la destra finlandese, dopo aver sconfitto nelle urne Sanna Marin, ha aderito ad Ecr. Non a caso in agenda c’è un altro appuntamento a metà maggio a Sofia dove i conservatori si conteranno e metteranno sul tavolo le proposte per la prossima campagna elettorale europea.

 

 

Ma la visita a Londra del premier Meloni è importante anche in chiave economica, dopo che Moody’s ha espresso dubbi sul debito italiano e Goldman Sachs ha messo sotto pressione i nostri Btp. Torna il rischio speculazione e la Borsa comincia a dare i primi segnali di insofferenza soprattutto nel settore bancario. Lo spread rimane l’osservato speciale. I catastrofisti lo avevano ipotizzato alle stelle con il governo di centrodestra. Non è accaduto, anzi Meloni sta acquisendo centralità sui tavoli internazionali. Ma i primi spifferi speculativi non vanno sottovalutati perché un eventuale declassamento di Moody’s potrebbe metterci nel mirino dei mercati. Lo snodo riguarda da un lato il nostro debito, che soffre i rialzi dei tassi di interesse, e dall’altro il Pil che rischia di essere frenato da un Pnrr zoppicante. Ecco allora che il viaggio di Meloni nella City assume i contorni di un road show italiano anche per rassicurare i mercati, trovando nuovi partner e rafforzando la nostra posizione. Le recenti nomine delle partecipate saranno l’investimento più solido per trovare gli sbocchi al Pnrr e dare una base alla ripresa. È questa la vera sfida che attende Melon e il suo governo.