quale libertà?

"Il monologo che avrei voluto portare a Sanremo". Paragone ad Amadeus: libertà solo a parole

Gianluigi Paragone

Ciao Ama, sono Gianluigi. Ho 52 anni e non mi sono vaccinato. Anche Madame, lo so. Ma io (come tanti altri) non ho brigato per ottenere un passaporto vaccinale falso. Siamo andati dritti per la nostra strada sapendo che sarebbe stata una strada tortuosa. Qui si parla tanto di diritti, noi siamo stati esclusi per aver difeso il diritto ad avere diritti. Grazie dunque per averci dato la possibilità di raccontare. «Pensati Libera» aveva scritto Chiara Ferragni sulle spalle. Noi abbiamo pensato da persone libere e agito da persone libere. Non lo avevamo scritto sulle spalle, eppure il peso della nostra libertà è stato come una croce da portare ogni giorno. Già, perché chi non si è vaccinato ha dovuto varcare le forche caudine: offese, ingiurie, esclusioni. O forse era la giuria perfetta di un nuovo talent: l’idiota perfetto; vince chi non si pone mai domande. Sul libero palco della Repubblica di Sanremo si difendono diritti e libertà: si possono mostrare culi, tette, sex toys e ogni genere di provocazione che ormai non sorprende più nessuno, se non quei politici che perdono tempo a polemizzare con voi (li pagate, vero? Sono parte del cast?).

 

Aveva ragione il grande Gaber quando cantava Si può: «Con tutte le libertà che avete, volete anche la libertà di pensare?». Gaber chi? Scusate. Quant’era fulgido quel Roberto Benigni che elogiava la libertà di espressione (lui che invece di rispondere alle domande di Report ha preferito fare come tutti gli altri: querelare con maxi richiesta di risarcimento del danno) tra gli applausi di tutti. Che poi erano gli stessi tutti che avrebbero voluto tappare la bocca ai No Vax, espressione luciferina, sigla del Male; gli stessi che auguravano la morte con sofferenze a chi poneva dei dubbi; gli stessi che chiedevano a questori e prefetti di negare libere marce e libere manifestazioni, cosa che poi hanno fatto. Benigni, lei che è regista, attore, anima candida e cantore della Retorica dei Giusti (cioè della parte politica cui Ella appartiene), sa che fior diartisti e documentaristi non possono proiettare un film che testimonia le vicende dei danneggiati da vaccino, i quali ci mettono ancora una volta la faccia e non si nascondono dietro nomid’arte e pseudonimi? La libertà di espressione...

 

Di quale libertà di espressione parlate se la Voce del Padrone non può avere un controcanto? Che libertà garantiscono i Padroni del Vapore di Facebook, di YouTube, di Instagram, di TikTok e di tutte quelle piattaforme di predazione? Perché i nuovi televisori devono avere sulla home un canale come YouTube che toglie di mezzo voci dissenzienti come fanno in stati autoritari? I vari garanti non hanno nulla da dire? Chi li autorizza a censurare medici e premi Nobel? Chili autorizza a negare la possibilità di dare delle notizie sugli effetti avversi da vaccino, senza subire l’inquisizione di moderni Torquemada con il passaporto fighetta di «fact checker»? Questi canali sono piattaforme di condivisione o sono editori? Perché un editore vero deve rispettare mille leggi mentre gli ott possono fare quel che vogliono? La Fagnani ha raccontato la vita dietro le sbarre: c’era chi ci voleva in galera perché rifiutavamo ilvaccino e volevamo avere risposte. La Francini (brava) ha parlato al bambino che avrebbe voluto: a diverse mamme non vaccinate invece è stato negato di ritirare i loro figli a scuola. La Enogu ha parlato di razzismo.

 

Bene, ci voleva proprio un non vaccinato che raccontasse allora la discriminazione che abbiamo vissuto noi, colpevoli per non aver prestato il braccio alla sperimentazione. Grazie, Ama, per avermi permesso di raccontare in che Italia abbiamo vissuto. Quella dove eri cittadino se detenevi un qr-code, un green pass; se avevi il libretto vaccinale in regola e soprattutto parlavi come volevano loro. Grazie per avermi permesso di dire che nell’Italia dove un premier poteva permettersi di raccontare la più colossale panzana (se nonti vaccini, ti ammali e muori), c’è stato chi si è fidato e ora che sta passando i guai, nessuno lo ascolta. Grazie per avermi permesso di ricordare il ricatto ai lavoratori over 50 d’età, ossia la scelta tra lo stipendio da portare a casa o l’integrità fisica. Un po’come accade ai rider o agli operai dell’Ilva e di tutti quei posti dove ci si ammala di tumore nel silenzio generale. Ma questo dei diritti dei lavoratori è un monologo che, caro Amadeus, lascerai ai giovani sfruttati o alle partite iva tormentate da fisco e banche.