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Messaggi inquietanti e fastidiosi, vietato cedere alle agenzie di rating

Riccardo Pedrizzi
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Il messaggio lanciato da Moody' s nell'aggiornamento della sua "Credt Opinion" sull'Italia è arrivato ed ha fatto subito male al nostro Servizio del debito, cioè al costo del nostro debito pubblico perché lo spread è salito subito a quota 242. In pratica è arrivata una mazzata perché i Btp sono volati al 4,45%, anche se Draghi aveva assicurato che il prossimo governo proseguirà sul Pnrrr "con la stessa forza ed efficacia" del suo governo. L'ipotesi negativa di un abbassamento del rating nasce, secondo l'agenzia di rating, da uno scenario nel quale "la coalizione di centrodestra potrebbe tentare di rinegoziare alcuni aspetti del Pnrr" e fa intravedere effetti profondi sul mercato del debito italiano.

Moody' s aveva già abbassato da "stabile" a "negativo" il 5 agosto scorso il livello di affidabilità dei nostri Btp, ma l'ultima valutazione è pesante ed è un chiaro "avvertimento". L'agenzia ha infatti prospettato un "downgrade" che porterebbe il debito in area a rischio in caso di revisioni del Piano o di scelte che possono incidere sul debito. Le considerazioni contenute nel documento elaborato dagli economisti di Moody' s sono un "avvertimento" per il prossimo Esecutivo: "Probabilmente declasseremo i rating dell'Italia se dovessimo vedere un significativo indebolimento delle prospettive di crescita di medio termine del Paese, a causa della mancata attuazione delle riforme a favore della crescita, comprese quelle delineate nel Pnrr" - scrive il documento - come le "politiche fiscali e/o economiche che indeboliscono il sentiment del mercato e l'aumento dei livelli di indebitamento nel medio termine". Il che sta a significare che devono essere portate a termine riforme come quella sulla concorrenza (i balneari, ad esempio) e quella fiscale (catasto e flax tax), sulle quali forte è l'opposizione del Centrodestra.

Dopo Moody' s è stata la volta di Fitch che nota che in un contesto di economia in frenata perla crisi energetica "il rafforzamento della crescita anche attraverso l'efficace dispiegamento di fondi di Next Generation Eu rimane centrale per una riduzione duratura del debito". La rinegoziazione, di cui parla FdI, rischia perciò di tradursi in una negoziato serrato nelle modalità, ma scarsamente produttivo sul piano pratico. Con il rischio di ritardare il percorso degli investimenti e delle riforme. Il debito perciò resta per tutte le agenzie di rating l'osservato principale.

E' un film già visto al tempo della caduta del governo Berlusconi quando nei mesi in cui il governo italiano battagliava con l'Europa per lo sforamento del deficit, il famigerato spread "casualmente" oscillava, riproponendo lo spettro degli speculatori alla finestra, dei bazooka scarichi della Bce o delle "manine", o manone, che si muovevano nell'ombra, con le agenzie di rating internazionali.

Si ricorderà poi l'inchiesta aperta dai magistrati pugliesi nei confronti di Fitch e Standard & Poor' s, due delle maggiori agenzie di rating mondiali, accusate di aver rivisto in negativo il loro giudizio nei confronti del debito sovrano italiano, per destabilizzare l'immagine del Paese sui mercati internazionali.

E' altrettanto vero che vari dossier redatti dalle commissioni americane accertarono il ruolo nefasto delle agenzie di rating nel favorire la crisi finanziaria globale più devastante della storia. Ad esempio nel rapporto del 2011 della bipartisan "Financial Crisis Inquiry Commission" di Phil Angelides, si dice: «Sosteniamo che i comportamenti fallimentari delle agenzie di rating siano stati le componenti essenziali nel meccanismo della distruzione finanziaria. Ed anche la commissione d'indagine del senato americano, guidata da Carl Levin e Tom Coburn, nel rapporto «Wall Street and the Financial Crisis: The Role of Credit Rating Agencies» del 2010 scriveva: «La commissione ha provato che le suddette agenzie di rating hanno permesso a Wall Street di influenzare le loro analisi, la loro indipendenza, la loro reputazione e la loro credibilità. E lo hanno fatto per soldi. Esse hanno operato con un inerente conflitto di interesse in quanto venivano pagate dagli stessi istituti che emettevano i titoli a cui loro davano il rating».

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