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Claudio Sensi: dal Vesuvio alla Lanterna, nel rispetto di valori antichi ed alla ricerca di una nuova visione del futuro tra Napoli e Genova

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Luca Rossignoli
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Ci sono luoghi in cui il destino sembra scriversi da solo. Napoli, con il Vesuvio alle spalle, Genova con la sua Lanterna che porta la luce ai naviganti, sono tra questi. Crescere sotto lo sguardo di un vulcano significa convivere con l’idea che la terra può tremare in qualsiasi momento, che ciò che appare stabile è in realtà fragile. Crescere con il simbolo della lanterna e della sua luce è d’altro canto un invito costante a seguire la luce che può condurci ad un porto sicuro. È in questo scenario che prende forma la traiettoria di Claudio Sensi, imprenditore che ha trasformato la precarietà in metodo, la disciplina in visione, la logistica in un atto di responsabilità sociale.

Il karma dell’impresa non è un concetto astratto, ma una prassi quotidiana fatta di scelte, rinunce e responsabilità. Claudio Sensi lo ha compreso quando il padre decise di abbandonare una carriera consolidata da dirigente per fondare una piccola azienda di autotrasporto. Un gesto che – agli occhi di un sedicenne – poteva sembrare puro azzardo, ma che in realtà racchiudeva la sostanza della mission imprenditoriale: non la ricerca cieca del profitto, ma la volontà di dare forma a un modello diverso di impresa, radicato nella dignità del lavoro, nella cura delle persone e in particolar modo nella tutela della sicurezza dei lavoratori. Da quel passaggio generazionale nasce il filo che lega la biografia familiare alla costruzione della DLM, la società cooperativa che oggi Claudio Sensi guida con la stessa lucidità con cui altri studiano mappe geopolitiche: la logistica non è mai stata soltanto trasporto di merci ma soprattutto movimento di vite, di responsabilità, di fiducia.

Il percorso non è stato lineare. Crisi economiche, fallimenti, ostacoli burocratici hanno scandito le tappe come prove necessarie. “Le cadute non sono eccezioni, sono parti integranti del viaggio”, ripete spesso. Qui affiora la sua idea di karma: ogni errore diventa un credito da restituire con più coscienza, ogni inciampo una lezione che obbliga a ripensare il proprio ruolo. A metà strada fra filosofia orientale e pragmatismo occidentale, Sensi articola un discorso che sovverte la retorica tradizionale dell’imprenditoria italiana. Non celebra l’individuo che si arricchisce, ma il gruppo che resiste. Non racconta la scalata, ma il peso del mantenersi in equilibrio. La resilienza non è retorica motivazionale, ma esercizio di sopravvivenza applicato a un sistema fragile. Ed è qui che avviene la frattura concettuale. La maggior parte degli imprenditori descrive il business come una gara di velocità, una corsa a superare concorrenti e mercati. Claudio Sensi, al contrario, lo legge come una staffetta: il valore non sta nell’arrivo individuale, ma nella capacità di consegnare il testimone integro a chi verrà dopo. Questa visione ribalta la prospettiva. La vera forza non è accumulare, ma trasmettere.

Il settore scelto, la logistica, amplifica questa verità. Nel trasporto, ogni disattenzione diventa rischio per la collettività. Ogni negligenza può costare vite. Da qui nasce la centralità della sicurezza, coltivata sin dai primi passi accanto al padre. Oggi, forte di vent’anni di esperienza anche come consulente per la sicurezza dei trasporti di merci pericolose (DGSA – ADR), Claudio Sensi parla di merci pericolose con la stessa naturalezza con cui altri parlano di bilanci. Non per mostrare competenza, ma per ricordare che dietro ogni carico c’è una comunità che si affida. La logistica, spiega, non è neutra. È un crocevia in cui convergono etica e tecnica. Chi la riduce a un costo da comprimere non comprende che rappresenta invece l’infrastruttura invisibile della civiltà moderna. “La salute e la sicurezza dei lavoratori sono il primo investimento di ogni buon business”, afferma senza esitazioni. Non è un motto, è una regola di sopravvivenza.

Il libro “Il Karma dell’Impresa” raccoglie queste convinzioni in forma di manifesto. Non un manuale, ma un racconto che intreccia fallimenti e rinascite, etica e logistica, resilienza e spiritualità. Ogni capitolo non indica cosa fare, ma invita a riflettere su cosa non si deve dimenticare. Nel mercato globale, dove le supply chain sono diventate fragili come fili sottili, questa voce si alza come un contrappunto.

A chi lo ascolta, Sensi non offre formule miracolose né scorciatoie. Offre invece l’immagine di un’impresa che respira, che sbaglia, che ricomincia. È un invito scomodo in un’epoca che premia solo la velocità. È come leggere Seneca dopo un manuale di project management: ti obbliga a rallentare e a chiederti se il fine giustifica ancora i mezzi. E tu, lettore, quante volte hai accettato di sacrificare la sicurezza, la tua o quella dei tuoi collaboratori, in nome di una consegna rispettata o di un margine difeso? È questa la domanda che resta sospesa. Perché qui non si parla solo di logistica. Si parla del modo in cui scegliamo di vivere e di lavorare. Claudio Sensi crede che il futuro dell’impresa sia scritto nella capacità di reintegrare l’umano al centro del processo produttivo. Non è un auspicio poetico, ma una previsione concreta: senza un’etica condivisa, i sistemi collassano. Così come il Vesuvio, apparentemente immobile, può ricordare all’improvviso che la stabilità è un’illusione. Così come la Lanterna che, se si spegnesse all’improvviso in una notte buia e tempestosa, potrebbe pregiudicare l’approdo di tante imbarcazioni. Alla fine, tutto torna al punto di partenza. Il vulcano come simbolo della precarietà. La lanterna come luce da cui farsi orientare. L’impresa come esercizio di equilibrio. Il karma come legge non scritta che restituisce a ciascuno il peso delle proprie scelte. Claudio Sensi ha scelto di trasformare quella consapevolezza in metodo di lavoro.

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