Palazzo Odescalchi e rischi per le sue preziose collezioni
Lo scorso 4 giugno 2025 in un'asta web a Genova venivano dispersi dipinti antichi che hanno lasciato il palazzo dopo 400 anni.
Lo scorso 4 giugno 2025 in un'asta web a Genova venivano dispersi dipinti antichi che hanno lasciato il palazzo dopo 400 anni. Da tempo il palazzo berniniano viene spogliato dei suoi capolavori venduti, sotto traccia, anche all'estero. Opere di Cimabue, Vanvitelli, Marc'Antonio Franceschini, Gaudenzio Ferrari, Lionello Spada, finiti clandestinamente sul mercato internazionale. Due vedute di "Tivoli" e "Grottaferrata" di Giacomo Vanvitelli vendute da Sotheby's e di Saturnino Gatti "Resurrezione" da Christie's a New York. Il "carosello in villa romana" di monogrammista cinquecentesco, finito con un gruppo di opere a Londra, da Trynity Fine Art con falsa "proveniena da famiglia polacca". A marzo 2010 all'Hotel des Ventes Nice Riviera un intera asta di capolavori Odescalchi portati all'estero: "Succesion de S.A.S. la Princesse ODESCALCHI. Solo una minima parte delle opere disperse da Giulia Odescalchi è stata recuperata come il taccuino con 100 disegni di Pietro da Cortona e Ciro Ferri sequestrato dalla Guardia di Finanza a Fiumicino a seguito di tentativo di esportazione clandestina e confiscato dallo Stato, oggi alla Calcografia Nazionale. Di recente è emerso sul mercato londinese il taccuino con disegni di Francesco Allegrini. Le forze dell'ordine intercettavano la vendita del bozzetto del monumento di Innocenzo XI in San Pietro opera di Monnot e Maderno e lo Stato lo acquisiva coattivamente, anche da Giulia Odescalchi, con deceto n° 869 del 330.6.2020 oggi a palazzo Barberini.
La storia del palazzo s'intreccia con quelle eccellenti di Roma, originariamente dei Colonna con il cortile colonnato di Carlo Maderno, autore della facciata di San Pietro, ricco di colossali statue romane. Nel 1622 passò al cardinale Flavio Chigi che lo fece trasformare da Gian Lorenzo Bernini, considerato un vero e proprio modello per i prospetti dei palazzi barocchi italiani ed europei. Nel 1745 il principe Baldassare Odescalchi lo fece ampliare da Luigi Vanvitelli. Abitato dal cardinale Benedetto Odescalchi divenuto nel 1676 papa Innocenzo XI, che liberò l'Europa dai turchi, e dal nipote Livio I° che vi portò nel 1692 la celebre collezione della Regina Cristina di Svezia con 275 capolavori pittorici, 50 di statue antiche, 90 di busti e bassorilievi. Da sempre luogo di promozione delle arti, dal 1699 anche da parte della regina Maria Casimira Sobieska ospite di Livio I° alla quale è dedicata ai Musei capitolini la mostra in corso: "Una Regina polacca in Campidoglio" da giugno a settembre 2025. Nei secoli si aggiunsero altre acquisizioni fino ai primi del '900 quando a seguito di matrimonio da Genova fu portata la celebre collezione Balbi che include il Caravaggio "Conversione di Saulo".
Il palazzo ora viene smembrato per divenire condominio, Giulia Odescalchi vende a 4.500 mq.: un appartamento a 2° piano di 260 mq con soffitti decorati in oro con gli emblemi Chigi più terrazzo di 190 mq e posti auto a 1.600.000,00, che sta per essere rivenduto al doppio, con evidente speculazione e nell'assordante silenzio della Soprintendenza. Stessa sorte per altro appartamento di 508 mq. nell'ala Vanvitelli. L'inconsapevolezza e l'incapacità di provvedere ai propri interessi e di gestirne i beni ereditati era stata già accertata dalla CTU R.G. 6402/2016, a pag. 99 cpv. 2 della CTU si legge che: “la signora Giulia Odescalchi continua a sostenere la gestione patrimoniale in modo improprio”). Da allora è stata spogliata di tutto rimanendo nullatenete alla mercè di chi in malafede alle sue spalle fa grandi affari. Invane sono in atto iniziative delle figlie e denunzie verso gli speculatori per cercare di tutelare la madre.
In passato, provvedimenti di tutela a favore di vari familiari di Giulia Odescalchi, con le sue stesse fragilità genetiche hanno tenuto a bada i predatori. Suo fratello era clochard, Filippo "il Principe barbone", con la sua compagna Fiamma, discende da Goffredo Mameli erano ridotti in povertà assoluta: "Mi sono completamente spogliata del mio", dichiarava, un disprezzo verso un mondo che li ha fatti sentire inadeguati, rinnegando le proprie origini e tutto ciò ad esse riconducibili. Vivevano in un mondo dissociato senza rendersi conto che gli stavano levando i 3 figli. Lo zio Ladislao Odescalchi, fratello del padre, proprietario del castello di Palo, porta il nome del prozio fondatore di Ladispoli città denominata dal suo fondatore, è stato tutelato con l' interdizione n. 39167 del 30.12.2001. Amministratori di sostegno per altri familiari, la cugina in I° grado Lucrezia Odescalchi, nota per aver conficcato una mannaia nella porta dei vicini da cui provenivano schiamazzi di due bambini. Con coltello e mannaia voleva "ammazzare i bambini" che la disturbavano, fermata e arrestata dalle forze dell'ordine. In precedenza era stata condannata a 16 mesi per "rapina impropria" in un negozio OVS. In totale inconsapevolezza le erano stati levati i 3 figli affidati a terzi. Il 16 maggio 2025 veniva arrestato il nipote della Odescalchi, il figlio di suo fratello, Andrea Odescalchi, perchè coltivava nel giardino del castello di Santa Marinella una serra di marijuana. Nel castello Odescalchi già in passato erano state rinvenute 35 piante di marijuana e poi altre 23. Anche lui privato della patria potestà per altre vicende legate a disturbi del comportamento verso la figlia. Provvedimenti di tutela patrimoniale hanno garantito la sicurezza di soggetti che non lavorano e che l'unico sostentamento può provenire da ciò che hanno ereditato, ma, soprattutto a favore della collettività è stato hanno salvato il patrimonio dell'umanità identitario della nazione. Mancanza di attenzione e cura per le proprie cose e verso le origini sembra essere un comune denominatore diffuso nella famiglia Odescalchi. Incapacità cognitiva e gestionale del patrimonio, mancanza di emozioni e sentimenti, trascuratezza nel curare le proprie cose che richiederebbero attenta gestione. Sbarazzarsi di tutto ciò che li fa sentire responsabili sembrerebbe una forma di difesa e di coping.
Gli avvocati Federica Farkas e Diego Perugini stanno cercando di tutelare Giulia Odescalchi su iniziativa delle figlie per limitare gli effetti delle sue scelte pericolose e irresponsabili in balìa di approfittatori a caccia di persone deboli e in difficoltà. Sembra non avere coscienza di ciò che detiene e di come gestirlo, degli obblighi giudiziari, amministrativi e fiscali. La Corte di Cassazione (pronuncia n. 36176 del 28/12/2023) ha ritenuto che l’amministrazione di sostegno possa essere disposta quando vi sono condotte a rischio di indigenza”. In aggiunta e soprattutto, c'è l'interesse collettivo, scelte personali autolesive non possono minare il patrimonio storico identitario della nazione mercificando la cultura capitolina.
Non si tratta solo buie vicende familiari, ma è a rischio l'interesse pubblico culturale per i quale i magistrati dovrebbero procedere d'ufficio. Controllo della libertà individuale nell'interesse collettivo identitario del paese che, in casi d'irresponsabilità come questo, sono dannosi per tutti lasciando spazio e vantaggi solo agli speculatori. In passato lo strumento normativo del "fedecommesso" ha salvaguardato conservado e scongiurando frazionamenti e dispersione delle collezioni private Colonna, Barberini, Borghese, Torlonia, Albani, Boncompagni-Ludovisi, Doria Pamphilj, Spada-Veralli, Rospigliosi-Pallavicini e Valentini. Nel1658, venne istituito con lungimiranza da Livio I Odescalchi il fidecommesso con vincolo perpetuo voluto dall'istitutore, i discendenti potevano goderne ma non disporre fino all'abolizione del fedecommesso che ha segnato la distruzione, nè il legislatore si è preoccupato d'introdurre, in casi d'importanza collettiva come questo, strumenti organizzativi di regole efficaci.
Un vuoto normativo privo di strumenti idonei di tutela del patrimonio culturale italiano in balia di vicende privatistiche, che costringono i più responsabili a ricorrere a misure previste da altri ordinamenti stranieri che paradossalmente sono più garantisti come il Trust . I Doria Pamphilj per autotutelare il patrimonio storico di famiglia e garantirne l'idivisivilità per i loro discendenti, a loro tutela e nel rispetto della culturalità del loro patrimonio, sono ricorsi al Trust anglosassone come se il nostro territorio non fosse meritorio di tutela da parte delle istituzioni e della legislatura.
Roberto Bilotti Ruggi d'Aragona (mecenate ed esperto d'arte)
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