il professor Niculescu

Moldavia, l’analisi del professor Niculescu: “Uno schiaffo a Putin, ormai il Re è nudo. Inizia un nuovo corso”

Giulia Bernardini

Un risultato che cambia la geografia politica dell’Est europeo, Maia Sandu e i filoeuropei trionfano in Moldavia con una maggioranza netta. Una vittoria che a Chișinau ha il sapore di svolta storica e a Mosca quello di una sconfitta bruciante. A commentarla è Adrian Niculescu, docente per dodici anni all’Università Cattolica di Milano e, dal 1996, professore presso la Scuola Nazionale di Studi Politici e Amministrativi di Bucarest.

Professor Niculescu, che significato assume questo risultato per la Moldavia e per gli equilibri della regione, in un contesto segnato da pressioni e interferenze esterne?
«È una grandissima sconfitta per Vladimir Putin e una vittoria altrettanto grande per i filoeuropei. Addirittura il giornale francese "Le Monde" si mostrava scettico, titolando: “Le legislative moldave minacciate dalle ingerenze”. Una chiara provocazione è arrivata da George Simion, leader del partito nazionalista "Alianța pentru Unirea Românilor", che aveva dichiarato che sarebbero serviti 100.000 voti perché Maia Sandu perdesse le legislative. Intanto i servizi segreti russi, l’SVR, facevano circolare fake news su una presunta invasione della Nato prevista per il 30 settembre. Questo il clima di paura, voci incontrollate, un testa a testa annunciato dai sondaggi. Il risultato invece è stato 50,6 contro 32 (24 più 8). La Russia ha adulterato i numeri per incutere terrore, ma il gioco è fallito. Putin, direi, è ormai il "Re nudo"».

 

  



Quanto ha contato davvero la disinformazione russa nel condizionare questa campagna elettorale?
«Hanno cercato in ogni modo di alimentare l’ansia di un sorpasso, ma era propaganda di bassa lega. In Francia si userebbe il termine "infox", informazioni intossicate. Guardando ai partiti, quello di Igor Dodon è un blocco che si richiama esplicitamente all’iconografia sovietica, stella rossa e falce e martello. Non c’è bisogno di aggiungere altro. Diverso il caso di Ion Ceban, sindaco di Chișinau. Si presentavano come europeisti, ma era una maschera, alla fine si sono fermati all’8%».

Quali passi concreti dovrebbe fare l’Europa per non restare un’idea astratta, ma diventare presenza reale nella vita dei moldavi?
«Dal primo gennaio, secondo una mia fonte e grande amico che vive la Moldavia molto più di me, le chiamate telefoniche saranno agganciate alle tariffe europee. Oggi un minuto costa due o tre euro, e poter parlare a prezzo normale è un motivo di emozione autentica per un Paese dove la povertà è tre volte superiore a quella romena. Poi ci sono i simboli, alla festa nazionale del 27 agosto, Merz, Macron e Donald Tusk erano a Chișinau. E Tusk ha parlato in romeno, lingua che aveva imparato da bambino durante le sue estati. Un piccolo gesto, ma dal valore enorme. Dire poi: “Vi aspettiamo in Europa” è una promessa che pesa. E c’è anche un lato surreale, fino a due anni fa la costituzione definiva la lingua ufficiale "statalese". Una lingua degna di Orwell. Infine, l’ingresso nella Nato resta un tema spinoso, per molti equivarrebbe a provocare direttamente la Russia».

 



Se dovesse tracciare un bilancio di queste elezioni in una sola frase quale sceglierebbe per raccontare la Moldavia di oggi?
«Numeri alla mano, in parlamento la maggioranza conta 55 o 56 seggi su 101, una base solida, ma non larghissima. Persino Mihai Ghimpu, ex capo di Stato moldavo, qualche tempo fa ha lanciato un appello a tutte le forze politiche affinché si stringessero attorno a Maia Sandu. Abbiamo quindi un chiaro segnale che il vento è cambiato, perché oggi la Moldavia non è più soltanto spettatrice, ma attrice del proprio destino europeo».