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Ecuador, blitz armato nello studio tv. I narcos scatenano la "guerra interna"

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L’Ecuador piomba nel caos e nell'incubo della guerra civile scatenata dal narcotraffico. Scene incredibili quelle che arrivano dal Paese sudamericano, dove gruppi armati hanno fatto anche irruzione in uno studio tv minacciando con le armi in pugno conduttore e dipendenti dell'emittente.  Un'ondata di violenze che ha scosso il Paese negli ultimi giorni, tanto che il presidente Daniel Noboa ha imposto lo stato di emergenza. La miccia è stata la fuga dal carcere di Adolfo "Fito" Macías, leader dei Los Choneros, la più grande banda di narcotrafficanti del Paese.

La violenza dei narcos, come detto, ha toccato il suo apice ieri quando un gruppo di uomini armati a volto coperto ha fatto irruzione in diretta Tv negli studi della rete pubblica TC Television nella città portuale di Guayaquil. Nelle immagini, che hanno fatto il giro del mondo, si è vista l’irruzione con alcuni dipendenti dell’emittente che si sono sdraiati sul pavimento chiedendo di non sparare. La televisione ha continuato a trasmettere per circa 15 minuti prima dell’intervento delle forze dell’ordine. La polizia ha successivamente fatto sapere di aver arrestato 13 persone in relazione all’accaduto con l’accusa di terrorismo.

Quello avvenuto a Guayaquil, la città dove si sono verificati il maggior numero di disordini, è solo uno della serie di attacchi che sono stati messi in atto in tutto il Paese. La polizia ha fatto sapere che quattro agenti sono stati rapiti lunedì notte e risultano dispersi, uno nella capitale, Quito, e tre nella città di Quevedo. In totale le vittime sarebbero dieci. A Guayaquil, dove sarebbero stati attaccati anche degli ospedali, il sindaco Aquiles Alvarez ha confermato che nel nord della città, diversi individui hanno sparato contro i veicoli che transitavano per la strada provocando la morte di cinque persone e ferendo uno studente. Inoltre nelle vicinanze un gruppo armato ha fatto irruzione in un negozio di pezzi di ricambio e ha ucciso tre persone. Le forze dell’ordine hanno confermato la morte di due agenti «assassinati in modo vile da criminali armati» nella località di Nobol, nella regione di Guayas.

Il presidente Daniel Noboa ha emesso un decreto in cui si dichiara che il Paese è entrato in un «conflitto armato interno». In un secondo decreto presidenziale 20 bande di narcotrafficanti sono state designate come gruppi terroristici. Una decisione che autorizza l’esercito alla loro «neutralizzazione». L’allerta è alta in tutto il Sudamerica. Il Perù ha decretato l’invio immediato di un contingente delle forze speciali alla frontiera con l’Ecuador e gli Stati Uniti hanno espresso «profonda preoccupazione» per quanto sta accadendo dicendosi «pronti a fornire assistenza al governo ecuadoriano». Anche Argentina, Bolivia e Colombia hanno condannato le violenze esprimendo il loro sostegno alle autorità di Quito. L’ambasciata italiana in Ecuador, e anche il ministero degli Esteri Antonio Tajani in prima persona, stanno seguendo l’evolversi della situazione. 

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