riforma della giustizia

Israele, la Corte Suprema boccia una norma di Netanyahu. Possibile crisi dopo lo schiaffo

La Corte suprema israeliana ha bocciato una norma «clou» della controversa riforma giudiziaria voluta dal governo guidato da Benjamin Netanyahu, una norma che era stata pensata per limitarne l’autorità. Una sentenza - subito criticata dal governo di Netanyahu, mentre l’opposizione esulta - che potrebbe adesso innescare una crisi costituzionale, in un Paese già impegnato nella sanguinosa guerra contro Hamas. La decisione era molto attesa e la Corte si è spaccata. Con una maggioranza risicata, otto giudici (contro sette) si sono pronunciati contro l’emendamento approvato dal Parlamento a luglio che eliminava la cosiddetta clausola di «ragionevolezza», utilizzata dalla Corte per annullare le decisioni del governo ritenute incostituzionali: un’abrogazione «dovuta al danno grave e senza precedenti - si legge nella sentenza pubblicata oggi - alle caratteristiche fondamentali dello Stato di Israele come Stato democratico».

 

  

 

La sentenza della Corte è un duro colpo al piano di riforma della coalizione di Netanyahu, una riforma che era stata contestata per mesi, di fatto fino alla guerra contro Hamas, da migliaia di persone nelle piazze. E segna il culmine di una battaglia durata un anno tra il governo e la magistratura sulla natura della democrazia israeliana. Tra l’altro, oltre ad annullare una legge che voleva limitarne i poteri, la Corte ha stabilito un precedente decisivo sostenendo «di avere il potere di esercitare un controllo giurisdizionale» sulle Leggi Fondamentali - che hanno rango costituzionale in Israele - e di «intervenire in quei casi rari ed eccezionali in cui la Knesset (il Parlamento israeliano) eccede la sua autorità costitutiva». Ecco perché la sentenza, resa pubblica mentre il Paese è immerso nella guerra di Gaza, è considerata «storica».

 

 

Immediata la reazione del Likud, il partito di Netanyahu, che promette di andare avanti, ma ha definito la decisione «in contrasto con il desiderio di unità della nazione, soprattutto in tempo di guerra», e ha criticato la Corte per essersi pronunciata quando i soldati israeliani «combattono e rischiano la vita». Esultano invece l’opposizione e il Movimento israeliano per un governo di qualità, che ha parlato di «giornata storica» e che aveva presentato uno degli otto ricorsi contro la modifica della Legge fondamentale. Per Netanyahu, che ha già perso molta popolarità nei sondaggi, una pesante battuta d’arresto. Ma mentre ritira alcune brigate dalla Striscia per realizzare azioni più mirate contro Hamas, Israele prepara una nuova fase della guerra che durerà «almeno sei mesi». Il governo ha anche assicurato che consentirà «presto» il ritorno dei residenti dei kibbutz adiacenti alla zona nord di Gaza, evacuati dopo l’attacco di Hamas. Ma non è escluso che alcune delle cinque brigate ritirate siano chiamate all’apertura di un secondo fronte contro Hezbollah in Libano.