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Francia in allarme, l'attentatore: "Sentivo le voci dei jihadisti del Bataclan"

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Angela Barbieri
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Armand l’islamista radicale che sabato sera ha ucciso un giovane turista tedesco e ferito altre due persone vicino alla Torre Eiffel a Parigi, nel 2019 - mentre si trovava in prigione - disse a una guardia carceraria di aver sentito «la voce dei jihadisti del Bataclan» che gli chiedevano «di agire». Lo riporta Bfmtv, precisando di aver consultato un rapporto ufficiale da cui emergono gli inquietanti commenti fatti dal francese di origine iraniana, che era stato arrestato per un attentato sventato a La Defense. Nel luglio 2019, riporta l’emittente, l’aggressore disse a un secondino durante la distribuzione della cena: «Guardia, c’è qualcosa di brutto che mi passa per la testa. Sento la voce di tutte le persone incarcerate per terrorismo. Sento perfino la voce dei jihadisti del Bataclan che mi chiedono di agire. Sono perduto e non so più chi sono».

 

 

Rajabpour-Miyandoab aveva aggiunto di voler «tagliare la gola» ai suoi genitori una volta uscito di prigione: «La mia data di rilascio è vicina e non so dove mi trovo. Finirò per agire». In seguito a quell’incidente, il direttore della prigione chiese che nei suoi confronti fosse adottato un protocollo molto rigido «a fronte del potenziale comportamento aggressivo dell’interessato» e del «rischio che commetta un atto violento contro il personale o contro terzi». Fu stabilito che l’apertura della sua cella sarebbe dovuta essere effettuata alla presenza di un ufficiale e di due agenti, equipaggiati con il loro giubbotto anti-coltello.

 

 

Questo episodio, secondo Bfmtv, spiega in parte il motivo per cui il controllo sul principale sospettato per l’attentato di Parigi venne rafforzato fino alla fine della libertà vigilata e che la sorveglianza amministrativa è continuata successivamente, dopo il marzo 2023. Intanto, le indagini proseguono e puntano a stabilire la salute mentale di Rajabpour-Miyandoab. L’attentato di sabato «riguarda sia l’islam radicale che la malattia mentale; voglio dire ai cittadini francesi che esistono diversi casi come questo», ha spiegato il ministro francese dell’Interno, Gerald Darmianin, secondo cui circa un terzo delle persone radicalizzate sotto sorveglianza soffrono di problemi psichiatrici. Darmianin ha fatto capire che le condizioni dell’assalitore sono state probabilmente sottovalutate visto che, ha sottolineato, «i medici in più occasioni avevano detto che stava meglio e che poteva svolgere la sua vita normalmente».

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