quanti sospetti

Il mistero di Ivar Pechorin, muore cadendo dalla barca un altro amico di Putin

Una altro morto "illustre" vicino a Vladimir Putin ma che potrebbe averlo tradito. L’uomo chiave del presidente nell’Artico, l'oligarca Ivan Pechorin, è morto a soli 39 anni cadendo da una barca nel Mar del Giappone, al largo di Primorsky Krai, estremo Oriente russo. Pechorin rispondeva direttamente al presidente: il suo ruolo era di guidare l’Istituto per lo sviluppo nell’Estremo Oriente e nell’Artico.

La sua ultima comparsa pubblica è stata all’Economic Forum di Vladivostok, dove a inizio settembre Putin ha incontrato gli uomini d’affari più importanti della Russia. Il decesso, registrato sabato, si aggiunge a una lista di «morti illustri» tra oligarchi e uomini d’affari che si è allungata negli ultimi mesi. Come riporta il Corriere della Sera, sarebbero associate a una critica anche privatissima al presidente e alle sue azioni diverse morti.

  

 

Ad esempio quella Ravil Maganov, 67 anni, già presidente della compagnia petrolifera Lukoil e «gravemente malato», è caduto il 1 settembre dalla finestra della stanza dov’era ricoverato; Yegor Prosvirnin, giornalista fondatore di due siti di informazione nazionalisti e filogovernativi che poi avevano criticato il regime e previsto una «guerra civile» a causa di Putin, è precipitato a dicembre, nudo, da un palazzo della centrale strada Tverskaya, a Mosca. A maggio, dalle finestre dell’ambasciata russa a Berlino, era invece caduto un diplomatico russo poi individuato, nelle ricostruzioni del sito d’inchiesta Bellingcat, nell’agente dell’Fsb russo Kirill Zhalo.

Sempre a maggio, Aleksander Subbotin, già dirigente di Lukoil, è stato trovato morto nel seminterrato di uno «sciamano» che praticava «rituali di purificazione» con ampio uso di alcol e droghe, che sarebbero stati usati per stordirlo. Igor Nosov, ez amministratore delegato dello stesso Istituto guidato da Pechorin, è morto a febbraio «d’infarto» a 43 anni.

A febbraio è morto, nella sua villa il magnate di natali ucraini Mikhail Tolstosheya, che aveva cambiato il proprio cognome in Watford. Impiccato in garage. Come lui, ad aprile, è stato trovato impiccato in Spagna - a Lloret de Mar - anche Sergej Protosenya, già a capo del colosso del gas Novatek. Accoltellate, accanto a lui, la moglie e la figlia, in quello che è stato per ora definito omicidio-suicidio. Ma la polizia catalana continua a indagare. Anche il miliardario Vasily Melnikov è stato trovato morto, a marzo, in uno scenario simile: lui impiccato, la moglie e i due figli di 10 e 4 anni uccisi a coltellate. Parenti e vicini non credono alla versione ufficiale, ancora una volta omicidio-suicidio.

 

A gennaio la famiglia di Leonid Shulman, 60 anni, dirigente di Gazprom, lo ha trovato nella vasca con i polsi tagliati; vicino a lui un messaggio che attribuiva il suicidio alla sofferenza per una gamba malconcia. Un altro dirigente di Gazprom, Alexander Tyulyakov, si sarebbe impiccato, tre mesi dopo, in garage.

E ancora: Vladislav Avayev, già vicepresidente di Gazprombank, ad aprile; Andrej Krukovskij, manager della stazione di sci di proprietà di Gazprom a Sochi, precipitato a maggio mentre percorreva un sentiero; Yurij Voronov, capo di Astra-shipping, una azienda che lavora per Gazprom, «suicida» a maggio; il banchiere d’investimenti Dan Rapoport, ucciso davanti a casa sua a Washington ad agosto.